Cronache

Il Papa ai migranti: "Chiedo perdono per chi vi ha ignorato"

Ascolta le storie dei clandestini, bacia decine di bimbi. Ed esorta: "Il mondo abbia il coraggio dell'accoglienza"

Il Papa ai migranti: "Chiedo perdono per chi vi ha ignorato"

É un giorno come tutti gli altri a Lampedusa. Alle 7.40 a Punta Favarolo, nel Porto, arriva un barcone carico di 166 immigrati provenienti dal Nord Africa. «Una normalità» per l'Isola, dice il sindaco Giuseppina Nicolini. Appena un'ora dopo arriva un'altra motovedetta, questa volta della Capitaneria di Porto: a bordo c'è Francesco, primo Papa a visitare Lampedusa. I turisti sfrecciano a bordo di scooter per fare il bagno nelle calette a picco sul mare. Per molti è una tranquilla giornata di sole e mare.

Per i pescatori, invece, arriva il Papa. Lo accolgono con striscioni e foto: «Francesco uno di noi, Papa dei pescatori». Davanti a Punta Favarolo, la scritta «Benvenuto tra gli ultimi». Le bandierine con i colori del Vaticano bianco e giallo sventolano lungo il tragitto che separa il porto nuovo dall'arena sportiva. Un chilometro che il Papa percorre a bordo di una campagnola messa a disposizione da un lampedusano, tra due ali di folla. Corrono, dietro di lui, per salutare il Papa degli ultimi, per scattare una foto, per urlare «Viva Francesco». Bergoglio si ferma più volte lungo il tragitto per salutare decine e decine di bimbi, baciarli ed accarezzarli. Sembra un ingresso «trionfante» quello del Pontefice, che si lascia dietro una coda di fedeli impazziti che corre a più non posso. «Talia, il Papa» («guarda il Papa»), urla qualcuno in siciliano.

Scende dalla barca, Bergoglio, e il primo pensiero è rivolto agli immigrati. Sono 60, 40 minori, 20 adulti, tre ragazze. Il più piccolo ha 13 anni. Arrivano dalla Somalia, dall'Etiopia, dall'Eritrea. Sono cristiani, ortodossi, protestanti ma anche musulmani. Intonano per il Papa un canto religioso eritreo, di accoglienza. Il titolo dice tutto: «I fratelli del mare». Nei loro occhi c'è incredulità, sorpresa, un pizzico di emozione. Il Papa è là per loro. Una ragazza eritrea di 16 anni, tiene stretta la Bibbia tra le mani.

Francesco saluta uno ad uno, ascolta le storie, si informa. Si ferma a parlare con Mahari: ha una gamba menomata a causa delle percosse subite in un carcere libico. Un altro immigrato consegna una lettera al Pontefice: dentro c'è un appello accorato. Che l'Europa, tutta, e non solo l'Italia, apra le porte a loro. Bergoglio la fa leggere ad alta voce, in lingua tigrina. Ascolta, attento.

Poi arriva all'Arena sportiva. Lo aspettano 15mila persone, attendono i suoi messaggi. Due parole segnano la giornata di Francesco a Lampedusa: perdono e indifferenza. Dal Papa un mea-culpa fortissimo che riecheggia come un grido spesso inascoltato. A nome di tutte le vittime del mare. «Signore, chiediamo perdono per l'indifferenza verso tanti fratelli e sorelle - ammonisce - ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel suo benessere che porta all'anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi».

Dalla richiesta di perdono all'indifferenza il passo è breve. Si cela dietro questa indifferenza la tragedia di tanti morti in mare.

Ripete, Papa Francesco, che l'accoglienza è l'unica risposta: «Tutto il mondo abbia il coraggio di accogliere coloro che cercano una vita migliore. Lampedusa è un faro, sia d'esempio a tutti. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi». Torna alla mente il messaggio di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi. Quella volta il monito era contro i boss mafiosi, questa volta contro tutti coloro che, nell'indifferenza, hanno lasciato morire in mare migliaia e migliaia di immigrati. Il Papa riparte, Lampedusa torna ad essere la stessa. Continua il via vai con gli scooter, continuano gli arrivi nel centro di accoglienza.

Ma l'Isola non sarà più la stessa.

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