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Il Papa e la «classe media della santità»

RomaTutti possiamo essere Santi. «Santi nascosti», Santi sconosciuti. Non ci sono solo ineffabili aureole e nomi altisonanti. C'è una santità silenziosa, normale non in quanto piccola, ma perché intima e «umile». Quotidiana. Perché c'è «una classe media della santità di cui tutti possiamo fare parte». La classe dei Santi possibili, dice Papa Francesco in una gremita San Paolo.
Prima visita ieri di Bergoglio nella basilica papale di via Ostiense, dove ha preso possesso «della cattedra di San Paolo», con un'omelia tutta dedicata alla testimonianza viva, pragmatica, del Vangelo. Il viaggio alle periferie dell'esistenza, l'itinerario nella semplicità che il papa di Buenos Aires sta proponendo dall'inizio del pontificato, adesso diventa un invito davvero per tutti, non solo per le anime elette della Chiesa. Perché «nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia».
Questi Santi di seconda classe, eppure dignitosi quanto quelli di fama, sono «ognuno di noi», se riusciamo a mettere Dio al primo posto «tra le cose ritenute importanti». Spesso davanti a Dio e all'amore e mettiamo «tanti idoli piccoli e grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo», in cui riponiamo «la nostra sicurezza». Idoli che hanno tanti nomi: «possono essere l'ambizione, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi». Idoli che ci dominano e di cui siamo schiavi. L'invito del Papa è questo: «Questa sera vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore? ».
«Spogliarci dei nostri idoli» diventa testimonianza, dice Francesco, che cita ancora il Santo da cui ha preso il nome: «Mi ricordo un consiglio che dava ai suoi fratelli: “Predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”». Le parole vengono dopo, ma prima si deve predicare «con la vita». L'«incoerenza dei fedeli e dei Pastori» tra «quello che dicono e quello che fanno - l'ammonimento di Bergoglio - mina la credibilità della Chiesa». Predicare anche «a prezzo della nostra vita».
Come i cristiani perseguitati nel mondo, a cui Francesco ha dedicato il suo Regina Coeli della mattina a San Pietro, davanti a 80mila persone: «Tanti cristiani, tanti, tanti, e in tanti paesi - ha ricordato, accalorandosi - soffrono e sono perseguitati». La Chiesa «se incontra incomprensioni» deve rispondere «con l'amore e con la forza della verità».

Gli apostoli «erano persone semplici ma non avevano paura di nulla».

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