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Passera, il diversamente «furbo» nel mirino

Passera, il diversamente «furbo» nel mirino

L'imbarazzo per Corrado Passera sta tutto nelle parole del gip di Milano Vincenzo Tutinelli: Banca Intesa Lussemburgo, forse d'accordo con la testa dell'istituto di credito, aveva messo in piedi un sistema per creare e riciclare fondi neri nel Granducato. E questo accadeva nell'era Passera. È il 22 giugno quando il giudice scrive l'ordinanza con cui conferma il carcere per il broker internazionale Alessandro Jelmoni e disegna la manina di alcuni dirigenti di Intesa nella realizzazione di complesse architetture off shore.
La storia è quella sconcertate del gruppo Giacomini, un marchio mondiale della rubinetteria e una delle tante storie di successo del made in Italy. Poi a maggio la Procura di Verbania scopre che l'azienda piemontese ha una contabilità parallela in Lussemburgo. I calcoli sono da brividi: il leader del gruppo Corrado Giacomini, arrestato con la sorella Elena, avrebbe sottratto al fisco la bellezza di duecento milioni.
Ma non è finita, perché il sofisticato marchingegno escogitato da Jelmoni per giocare a rimpiattino con l'erario porta a galla altre presunte complicità. In particolare, quella di Banca Intesa. Quando in estate, l'inchiesta si fraziona sui binari della competenza e un troncone emigra a Milano, il gip usa parole durissime, che chiamano in causa il colosso del credito, per di più nell'epoca in cui era guidato da Corrado Passera, ora superministro del governo Monti. «L'Italia è in guerra», ha detto senza tanti giri di parole il premier nell'intervista al settimanale Tempi che ha preceduto il suo discorso al meeting di Rimini. Non solo: Monti, puntiglioso come sempre, ha spiegato che la definizione di furbi per quelli che non pagano le tasse è inadeguata e dovrebbe essere cambiata. Intanto, in attesa di trovare l'aggettivo adatto per indicare le talpe che scavano un buco colossale nelle nostre finanze, sarà bene dare loro un nome.
Il gip di Milano, come ha raccontato ieri sul Fatto quotidiano Vittorio Malagutti, punta il dito proprio contro l'istituto che ha lanciato Passera. La banca avrebbe giocato di sponda con i Giacomini per sottrarre redditi all'erario. Attenzione, questa storia, tutt'altro che finita, è già costata il posto di sottosegretario alla giustizia all'avvocato Andrea Zoppini, raggiunto da un avviso di garanzia per frode fiscale, e costretto alle dimissioni in corsa tre mesi fa. Una brutta pagina per il governo Monti. Ma intanto i magistrati sono andati avanti per la loro strada e ora mettono in evidenza altre responsabilità. Così Tutinelli scrive: «Si ha motivo di ritenere che tale sistema sia messo a disposizione dei grandi gruppi economici italiani da funzionari ed ex funzionari del gruppo Banca Intesa Lussemburgo con la probabile complicità della banca per costituire fondi neri nel Granducato di Lussemburgo ed ivi riciclarli».
Un giudizio davvero affilato anche se da registrare con la dovuta prudenza. Non stiamo parlando di una sentenza, e quel che è accaduto a Verbania come a Milano è ancora oggetto di accertamento. Resta il fatto che i colletti bianchi del Lussemburgo avrebbero lavorato contro lo Stato e il meccanismo da loro inventato sarebbe servito anche ad altri imprenditori per farla franca. Non solo, il giudice chiama in causa pure Milano, anche se l'ipotesi dev'essere verificata. Un fatto è certo: Jelmoni aveva ottimi rapporti con Marco Bus, numero uno della «Société Européenne de Banque», Seb, di fatto la filiale lussemburghese di Intesa. E Bus è indagato per concorso in riciclaggio, mentre la Seb è finita sotto inchiesta per violazione della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle imprese. Intesa ha subito cercato di circoscrivere il problema con l'avvio di un'indagine interna sulla controllata in Lussemburgo. Ma fra le carte raccolte dai pm c'è anche un episodio che porta dritto nel tempio milanese di piazza della Scala. Qui nel febbraio 2010 s'incontrano un dirigente di Intesa, un funzionario di Seb delegato da Bus, i Giacomini. Il patron Alberto in quell'occasione vorrebbe rompere la cassaforte lussemburghese e riportare i soldi in Italia, ma i dirigenti di Intesa fanno di tutto per convincerlo a lasciare i capitali in Lussemburgo.

Con le ricche commissioni che si portano dietro.

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