Politica

Pd, i bersaniani attaccano Renzi: "Ha copiato il nostro programma"

Ieri le accuse di essere liberista e berlusconiano. Oggi la denuncia di aver copiato il programma a Bersani. Fassina: "Ha fatto taglia-incolla delle nostre proposte"

Adesso è scontro. Tutti contro Matteo Renzi. Messa da parte l'inconcludente assemblea nazionale del partito democratica, i bersaniani vanno a caccia del sindaco rottamatore. La resa dei conti è vicina. E, dopo averlo tacciato di farsi portatore di un liberismo in salsa berlusconiana, adesso procedono a smontare punto per punto il programma di Renzi accusandolo di aver scopiazzato quello del piddì. Delle due l'una: o è "subalterno al modello liberista che sta scorticando l’Europa" oppure ha fatto "taglia-incolla delle proposte approvate dall’assemblea nazionale del Pd e, da ultimo, riprese nel documento della conferenza nazionale per il Lavoro di Napoli". Quel che è certo è che la demolizione del sindaco di Firenze, in vista delle primarie di coalizione del centrosinistra, ha già avuto inizio.

Prima l'attacco frontale del leader del Sel Nichi Vendola, poi l'assalto di Rosy Bindi, quindi la bocciatura del responsabile Economia dei democratici Stefano Fassina. Le primarie del centrosinistra entrano così nel vivo. La caccia al rottamatore ha già avuto inizio. Da subito. La vecchia guardia di via del Nazareno sta facendo sapere nettamente che sta dalla parte del segretario Pier Luigi Bersani. Da Beppe Fioroni a Tiziano Treu, il coro anti Renzi si ingrossa di ora in ora. Lo stesso Vendola preferirebbe Bersani alla guida del centrosinistra anche se sarebbe disposto a sostenere Renzi in caso di vittoria, a patto che quest'ultimo rispetti il programma condiviso e non cambi le alleanze in corsa. Anche Beppe Civati, intervistato da Radio 24, fa sapere di non apprezzare più il sindaco rottamatore: "È molto popolare, è molto vicino al sentire comune, ma non è riuscito a costruire in questi anni intorno a sè una squadra politica completa, forte e credibile". Il più duro è senza dubbio Fassina che, oltre ad accusarlo di aver scopiazzato l'agenda economica del Pd, lo ha tacciato di poco rispetto nei confronti del partito: "Chi si candida a rappresentarla, deve avere rispetto per quegli uomini e quelle donne che in questi anni hanno costruito quel partito che ora viene utilizzato".

Adesso che i generali sono schierati sul campo, nelle retrovie si cominciano a fare i conti sulle truppe dal momento che a determinare il risultato delle primarie sarà l’affluenza ai due turni del 25 novembre e del primo dicembre. Al quartier generale di Bersani non si azzardano previsioni, mentre gli uomini di Renzi scommettono su 4 milioni di persone. I Democratici, poi, devono fare i conti con Vendola. Nel quartier generale del Sel si crede al miracolo, laico ovviamente. Guardando i tre precedenti nazionali, pur di diverso segno, i numeri sono andati progressivamente calando. Nel 2005 Romano Prodi portò ai gazebo per le primarie di coalizione 4,3 milioni di persone. Due anni dopo, quando Walter Veltroni fu scelto come segretario del Pd, andarono a votare 3,5 milioni di persone. E nel 2009, quando Bersani vinse su Dario Franceschini, i partecipanti furono 3,1 milioni. Secondo Renzi l’affluenza potrebbe essere condizionata dalle regole sulla registrazione al voto.

Proprio per questo sta dando battaglia per fare in modo che le iscrizioni restino aperte fino al ballottaggio.

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