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Il Pd si mangia anche Sel E Vendola si ritrova solo

Spaccatura a sinistra sul decreto Irpef. Dopo il voto favorevole, lascia Migliore, capogruppo alla Camera. Il leader: restiamo all'opposizione. Ma tanti fuggono 

Il Pd si mangia anche Sel E Vendola si ritrova solo

C'è un cargo che imbarca, ultima chiamata. Soffro o m'offro? «Ormai da noi c'è l'overbooking», ride d'ingordigia il centrista pidì Beppe Fioroni, che di nuovi passeggeri affamati non ne vuol sentir parlare (la stazza lo giustifica). Con maggior senso della misura, Pier Luigi Bersani cerca piuttosto un senso di marcia: «Credo che un percorso di avvicinamento tra Sel e Pd sia maturo, mi auguro soltanto che avvenga in modo ordinato e politico e che si rispetti la storia e l'autonomia di entrambi».
Ormai è certo: Sel sta scoppiando, la Balena renziana è pronta a fagocitarne i cocci. «No, così non può funzionare», si ribella Nichi Vendola a un'improvvisa riunione di gruppo pomeridiana. Eppure è, in effetti, ciò che da tempo si comprendeva: Sinistra e Libertà non funziona più, complici una serie complessa di fattori, ultimo dei quali persino l'appanamento dello stellone di Nichi dopo l'affare Ilva di Taranto. Ed è chiaro che la politica di Renzi, e il suo 41,8 per cento hanno messo la parola fine alla posizione «né né», già debolissima di suo. La ciliegina sulla torta è stata la lista Tsipras, e il tiro mancino giocato dalla triade Spinelli-Viale-Revelli, che prima si sono avvalsi dei quattro quinti di voti di Sel, poi gli hanno preferito Rifondazione. Un pasticcio di cui qualcuno dovrà render conto.
Il little-bang scoppia improvviso, l'altra notte. Tra le misure populiste di Renzi gli 80 euro in busta paga che, come sostengono in tanti anche dentro Sel, «sono una misura popolare, di sinistra, non vedo perché debba astenermi». Il gruppo s'è spaccato a metà, finché l'ordine di scuderia di Vendola è stato quello per l'ennesima astensione. Migliore ha così presentato le proprie dimissioni da capogruppo: «Da deputato semplice potrò votare come mi pare». Pare che Nichi non abbia gradito. Ma ieri mattina, pur di preservare l'unità del partito, ha «coperto» la capriola: «Voteremo sì, ma non carichiamolo di significato, non è uno scivolo verso Renzi. Capisco la forte fascinazione verso il premier, ma siamo all'opposizione. Restano dubbi sulle fonti di finanziamento». Nel frattempo allargando il campo alle mosse future, fino a prefigurare una «maggioranza diversa» per rompere le larghe-piccole-intese, anche sulle riforme. Un ultimo avvertimento a Renzi: «Non faccia scouting, non gli conviene». Ma nel frattempo accade altro: due deputati, Airaudo e Marcon, votano comunque per l'astensione. Il gruppo torna in frantumi: un altro deputato, Ferdinando Aiello, raggiunge Michele Ragosta che si era dimesso l'altro ieri «per dare una mano a Renzi». Voci parlano di altri imminenti abbandoni, in numero persino considerevole, sia alla Camera che al Senato. Soprattutto, aggiungono che Migliore da tempo meditasse di accettare una candidatura come sindaco di Napoli, con la benedizione di Renzi (e De Magistris pronto a fare sfracelli in ambiti governativi). Al di là dei boatos, a sfilacciarsi sono però anche i rapporti personali. Migliore si rinchiude in un silenzio meditabondo e con un tweet annuncia: «Ieri mi ero dimesso poiché in dissenso con la proposta di astensione su Irpef per votare liberamente sì. Oggi (ieri, ndr) Vendola accetta dimissioni». Si convoca una segreteria per oggi, una direzione a seguire. Vendola s'aggrappa alla bandiera: «Non saremo mai renziani, esserlo è una resa. Saltare sul carro dei vincitori non è una novità. A chi va via dico: “Va dove ti porta il cuore. Il gruppo non può impedire la linea al partito». C'è risentimento e paura, nelle sue parole. Nicola Fratoianni, alfiere della rovinosa scelta per Tsipras, insiste: «La nostra opposizione dev'essere chiara». Ma ormai in Sel di chiaro c'è solo che è ora di saltare il fosso. O di qua o di là, a costruire qualcosa di nuovo. Nel pantano si annega.


di Roberto Scafuri

Roma


Sono i deputati di Sel che volevano votare contro ma che si sono adeguati alla scelta della maggioranza del gruppo


Sono i senatori di Sel. Vista la maggioranza risicatissima a Palazzo Madama, al governo farebbero molto comodo


Sono i deputati di Sel che nella lunga riunione di martedì sera avevano annunciato il voto favorevole sul decreto Irpef

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