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Il Pdl "sfiducia" il governo. E il Pd: "Monti salga al Colle"

Il Pdl non vota la fiducia al dl Sviluppo né alla Camera né al Senato. Il Pd: "Monti non ha più la maggioranza". Ma Napolitano lo soccorre subito: "Non vada tutto a picco"

Il Pdl "sfiducia" il governo. E il Pd: "Monti salga al Colle"

Il governo è sempre più appeso a un filo. Adesso il premier Mario Monti rischia di non avere più i numeri in parlamento. La maggioranza scricchiola. L'incidente si è aperto, in mattinata a Palazzo Madama dove si votava la fiducia al decreto legge sviluppo, poi si è acuito nel pomeriggio a Montecitorio dove si votava il decreto sui costi della politica. In entrambi i casi, pur garantendo il numero legale, il Pdl ha infatti deciso di non appoggiare più i tecnici. "Il Pdl - ha dichiarato il capogruppo Maurizio Gasparri - vuole esprimere il passaggio del nostro gruppo alla posizione di astensione nei confronti del governo". Immediato l'intevento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che stoppa il diktat lanciato dal Pd a Monti ("Se il governo non ha più la maggioranza, Monti deve salire al Quirinale"). "La tenuta istituzionale è fuori discussione - ha avvertito il capo dello Stato - bisogna evitare una convulsa conclusione della legislatura".

In mattinata il Senato ha votato "sì" alla fiducia posta dal governo sul decreto sviluppo. I voti favorevoli sono stati 127, i contrari 17, gli astenuti 23. Una maggioranza risicata, insomma. Anche Monti è corso in Aula e si è votato la fiducia. Ma, all'indomani del vertice fiume tra Silvio Berlusconi e lo stato maggiore del partito, il Pdl ha deciso di non votare. "È un fatto non indifferente - ha fatto sapere il presidente del Senato Renato Schifani - informerò il presidente della Repubblica". Senza far mancare la maggioranza, non ha appoggiato più le misure messe in campo dall'esecutivo in materia economica. Nel corso delle dichiarazioni di voto, alcuni senatori del Pdl hanno sottolineato la loro contrarietà alle parole del ministro allo Sviluppo Economico Corrado Passera, che questa mattina aveva criticato il Cavaliere per la sua decisione di ricandidarsi. L'ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, ha dichiarato che non parteciperà al voto perché "un ministro non può offendere un partito che gli ha consentito di governare per un anno". Non tutti, però, hanno seguito l'indicazione data da Gasparri. Contrariamente al resto del gruppo che invece non ha partecipato al voto, il senatore Beppe Pisanu ha votato a favore della fiducia: "È indispensabile che il premier prenda atto e faccia i passi necessari almeno per ricostituire nella sua consistenza numerica la maggioranza che e è venuta meno". La stessa strategia è stata usata nel pomeriggio a Montecitorio dove è stato votato il decreto sui costi della politica. "Sulla base di una valutazione politica generale che va al di là del merito del provvedimento riguardante i costi della politica negli enti locali - ha spiegato Fabrizio Cicchitto - abbiamo deciso di astenerci per marcare la nostra posizione fortemente critica sulla sua politica economica".

La presa di posizione del Pdl ha subito creato un forte nervosismo tra le file dei democratici e dei dipietristi. "Se il Pdl decide di passare all’astensione esce dalla maggioranza, questo vuol dire che il governo non ha più la fiducia della maggioranza delle aule parlamentari", ha sottolineato il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro denunciando "un problema politico di enorme importanza". "Oggi la fiducia ha i numeri che non rispettano la maggioranza del Senato", ha continuato la Finocchiaro che, pur non avendo la palla di vetro, non ha escluso l’esito "tecnicamente" negativo per il governo. E questo avrebbe un'unica conseguenza: "Monti deve salire al Quirinale". La stessa richiesta è stata avanzata, nel pomeriggio, dal leader dell'Idv Antonio Di Pietro: "Monti prenda atto che non ha più la maggioranza e oggi uscito da qui vada dal presidente della Repubblica e rimetta il suo mandato, non ceda al ricatto del Pdl". Al fianco del Professore si è, invece, schierato Napolitano mettendo fuori discussione la tenuta istituzionale e invitando i partiti, che sostengono i tecnici, a evitare una conclusione convulsa della legislatura. "L’avvicinarsi delle elezioni - ha fatto notare - stanno suscitando crescenti tensioni tra le forze politiche, da oltre un anno impegnate nel sostenere un governo cui non partecipassero esponenti dei partiti".

Almeno per il momento, nemmeno il dobbio schiaffo ricevuto oggi dal Pdl sembra tremare Monti: "Sono in contatto col capo dello Stato e attendo le sue valutazioni". E aggiunge: "Andiamo avanti a fare il nostro lavoro che di certo non manca". E poi: "Non ho in programma nessun passo e, come credo di avere detto più di una volta, attendo di conoscere le valutazioni del Capo dello Stato". Insomma, sembra intenzionato ad andare avanti. Anche se all'orizzonte si intravede l'ostacolo "liste pulite",

html" target="_blank" data-ga4-click-event-target="internal" rel="noopener">decreto approvato oggi dal Consiglio dei ministri.

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