Politica

«Le piazze come gli stadi: vietiamole ai violenti No ai numeri sui caschi»

L'ex sottosegretario all'Interno sta per presentare un progetto di legge "Serve una misura tipo il Daspo. L'identificativo? Scatenerebbe vendette"

Roma - Sì a Daspo e flagranza differita «da corteo», via libera a una sorta di cauzione di garanzia per danni da black bloc da versare come condizione per manifestare. Queste alcune delle proposte contenute nel progetto di legge con cui l'ex sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, vuol dare una risposta normativa alle polemiche sull'emergenza dell'ordine pubblico degli ultimi giorni. E quanto all'ipotesi di «targare» poliziotti e carabinieri, per facilitarne l'individuazione in caso di incidenti, Mantovano la boccia: «Quando un gruppo di agenti fa servizio di ordine pubblico, non c'è Mario Rossi, non c'è l'individuo. C'è lo Stato».

L'obiezione è che in caso di abusi è difficile dare un nome al responsabile.

«Ma l'individuazione avviene già. Il superiore sa chi è stato impiegato, e in tempo reale - se il pm ipotizza illeciti - gli elementi per le indagini vengono messi a disposizione. Non c'è ragione perché chi sta resistendo o realizzando atti violenti possa individuare gli agenti. L'unico risultato sarebbe mettere a rischio la sicurezza personale del poliziotto o del carabiniere, permettendo vendette e spedizioni punitive. Va invece adeguato il quadro normativo. Per esempio con l'uso del Daspo e dell'arresto differito, due elementi contenuti nel testo della mia proposta di legge, che chiederò a tutti i deputati di sottoscrivere».

Misure nate per un luogo chiuso, uno stadio, funzioneranno anche in piazza?

«Secondo me sì. Il contestatissimo Daspo ha contribuito a risolvere il problema della violenza dentro gli stadi, e l'autorità giudiziaria non ne ha certo fatto un uso smodato. È vero, piazze e vie non sono stadi, non ci sono varchi per fare controlli identificativi, ma un'interdizione dal manifestare in piazza per 1 o 2 anni, con sanzioni penali per chi lo fa lo stesso, sarebbe un modo per far capire che non si sta scherzando».

Non sarebbe una violazione del diritto costituzionalmente garantito a manifestare?

«No, solo una limitazione temporanea per chi ha abusato di quel sacrosanto diritto. Stesso discorso per la flagranza differita: in certe situazioni è meglio evitare l'intervento immediato, permettendo con l'analisi dei filmati un intervento entro un numero ragionevole di ore. Poi un paio di misure ulteriori non guasterebbero».

Quali?

«La prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti in caso di atti di violenza che producono lesioni a un pubblico ufficiale, perché in questo caso il comportamento non c'entra col diritto a manifestare, punta solo a far male a chi rappresenta lo Stato. Poi, a discrezione dell'autorità che valuta preventivamente il grado di rischio di una manifestazione, va posta come condizione per manifestare una garanzia di carattere finanziario per il risarcimento di eventuali danni. La mia proposta di legge è a disposizione del governo, se intende fare un decreto legge, visto che le ragioni di necessità e urgenza ci sono senz'altro».

Per i poliziotti mancano regole di ingaggio chiare.

«Polizia e carabinieri hanno un livello di preparazione sull'ordine pubblico e un senso di responsabilità superiori rispetto a 15 anni fa. La linea di confine del G8 è alle spalle, a Nettuno c'è una scuola, costituita dopo il 2001, che punta a insegnare come si fa l'ordine pubblico. Ma all'attività di preparazione, che pure c'è, fa da contraltare il gran numero di manifestazioni con soggetti e caratteristiche diverse, oltre al clima generale, alle sentenze di condanna mediatica preventiva, come nel caso della bufala dei fumogeni “lanciati dal ministero”. Gli agenti, così, sono disorientati.

Pretendere il senso di responsabilità solo da loro non si può, e non è nemmeno giusto».

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