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Ilva, pm in chiesa a caccia di tangenti: indagato un altro big del Pd

Nei verbali contraddizioni e sorprese. Sui pagamenti il vescovo smentito dai conti del Gruppo. Adesso è finito nei guai anche Florido, il presidente della Provincia

Un momento del corteo degli operai dell`Ilva
Un momento del corteo degli operai dell`Ilva

Non c'è più religione. Le discordanti dichiarazioni del vescovo di Taranto e del suo segretario/parroco sono il vero snodo dell'unica (presunta) corruzione dell'inchiesta taratina. La storia è quella del responsabile delle relazioni esterne Ilva, Girolamo Archinà, che il 26 marzo 2010 viene beccato da una telecamera di un autogrill mentre passa una busta a Giacomo Liberti, professore e perito dei pm sui veleni ambientali. Secondo l'accusa nella busta ci sono 10mila euro. Liberti nega, parla di documenti e la riprova che non s'è fatto corrompere, dice, sta nella consulenza depositata il 23 luglio, durissima per il gruppo Riva. Archinà conferma la versione di Liberti e spiega come il prelievo di 10mila euro fosse per una donazione al vescovo. Un dettaglio emerso già in fase di indagini, ma a detta della procura utile a «schermare» la corruzione. A favore di Archinà c'erano sue ripetute telefonate in Curia per l'appuntamento con l'alto prelato (che poi quel giorno salterà in quanto l'incontro col perito durerà più del previsto). E altre chiamate col cassiere dell'Ilva per lamentarsi dell'assemblaggio dei 10mila euro per il vescovo (in scomode banconote di piccolo taglio anziché in pezzi da 500). Non bastasse, sfogliando i libri contabili dell'Ilva fra le uscite di cassa vi erano quelle con l'indicazione per l'Arcivescovado. E a complicare le cose ci si mette don Marco Gerardo, segretario del vescovo. Che ai finanzieri racconta che solitamente l'Ilva versava 3-5emila euro massimo, e che quando si arrivò a 10mila fu a Pasqua 2010 per una particolare ricorrenza - così almeno disse a verbale - dopo averne parlato di persona con il vescovo Benigno Papa. Che, però, lo ha smentito: «Mai parlato con lui». Monsignor Papa ha precisato che le donazioni di Archinà erano saltuarie, che i 10mila euro in una sola tranche erano «una tantum» e per «tutto l'anno», che per quel giorno lì «si trattava di un incontro per la prenotazione del precetto pasquale». Le carte contabili esibite dagli avvocati di Archinà, Giandomenico Caiazza e Gianluca Pierotti, smentiscono sia l'uno che l'altro sacerdote. Dal 2 aprile 2007 al 29 marzo 2012 l'Ilva ha versato, annualmente, sempre prima di Pasqua 10mila euro, e prima di ogni Natale 5mila euro, ad eccezione del 2011 allorché il 18 dicembre si arrotondò a 10mila, senza citare l'obolo da 50mila del 2008 per a sponsorizzazione. Rebus sic stantibus, cade l'accusa collegata del prelievo «anomalo». L'unica anomalia sembra nel conto corrente del vescovo dove non risultano operazioni dopo il giorno dopo il famoso 26 marzo, ma ad aprile sì .
Intanto nell'inchiesta pugliese risulta indagato anche il presidente Pd della Provincia di Taranto, Gianni Florido, lesto ad esprimere solidarietà al suo ex assessore Pd all'Ambiente, Michele Conserva, ai domiciliari, in nome «di quella onestà che sin dal 2004 ha contrassegnato il nostro comune percorso». Gli inquirenti non sembrano pensarla così e in un'informativa dell'aprile 2011 parlando dei contatti tra l'Ilva (Archinà) e i vertici della Provincia, responsabili delle autorizzazioni alle discariche interne allo stabilimento, a loro volta fondamentali per ottenere l'«Aia». Quanto all'autorizzazione per le discariche la Gdf fa presente che Florido «si pone quale “mandante occulto” verso il Conserva che sarebbe dovuto essere l'esecutore materiale delle scelte concordate dalla grande industria e i politici, per ottenere celermente l'autorizzazione per la messa in esercizio della discarica». E il piano, grazie alla «commistione tra il rappresentante dell'Ilva e il presidente Florido», stava andando in porto, finché Conserva cambia atteggiamento, diventando ostile all'Ilva quando viene a conoscenza delle indagini. A quel punto, secondo la Gdf, Archinà chiede a Florido di intervenire sull'assessore. A pagare per tutti, con pressioni continue, è il malcapitato Morrone che materialmente avrebbe dovuto firmare quell'autorizzazione, e che arriva a dire di essere disposto a farlo, come «risultato delle innumerevoli sollecitazioni alle quali è stato sottoposto sia dal Conserva che dai comportamenti di Florido».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it


di Gian Marco Chiocci

e Massimo Malpica

nostri inviati a Taranto

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