Cronache

Le processioni di paese tra le meraviglie del mondo

Le macchine a spalla di Nola, Viterbo, Palmi e Sassari proclamate patrimonio dell'umanità. Segno che l'Italia vale. Ma solo se ce lo dicono gli stranieri

Arrivano gli stranieri a dirci quanto c'è di buono in Italia. Ricchezze da proteggere. Patrimoni da salvaguardare. Arrivano gli organismi internazionali a dircelo. Il paradosso è servito. Noi, un po' esterofili e un po' snob, non ce ne accorgiamo più. Siamo abituati alle nostre bellezze. Alle nostre tradizioni. E invece c'è un'Italia nascosta, che spesso guardiamo con sufficienza, che ha valore universale. La Commissione intergovernativa dell'Unesco che dal 2008 aggiorna ogni anno l'elenco dei Patrimoni intangibili ha deciso di inserire quattro processioni dei Santi che appartengono alla devozione popolare del nostro Paese. Sono la Macchina di Santa Rosa di Viterbo (che il 3 settembre di ogni anno rievoca la traslazione della salma nella chiesa di Santa Maria delle Rose voluta nel 1258 da papa Alessandro IV), la Festa dei Gigli di Nola (che a fine giugno ricorda il sacrificio di san Paolino, patrono della città, per salvarla dall'assalto dei Visigoti), la Festa dei Candelieri di Sassari (il 14 agosto delle colonne di legno che simboleggiano dei ceri vengono issate nella chiesa della Madonna di Betel per ricordare il voto all'Assunta contro la peste) e la Varia di Palmi (a fine agosto un gigantesco carro viene portato a spalla da duecento uomini nella piazza a simboleggiare l'assunzione di Maria). Oltre a essere tutte manifestazioni antiche, le quattro processioni hanno in comune la formula della Macchina a spalla, ovvero del trasporto di simboli religiosi e della tradizione particolarmente significativi per la storia del luogo in cui si svolgono.

Sono quasi un centinaio le tradizioni da salvaguardare incluse dall'Unesco nella lista dei nuovi Patrimoni culturali immateriali dell'umanità. Oltre alle processioni italiane, tra le opere dell'ingegno dell'uomo sono state inserite la calligrafia mongola, il gioco azero del «Chovqan», una festa ortodossa in Etiopia, il piatto tradizionale coreano noto come «Kimchi», la musica Tuareg Imzad, la festa religiosa di Cirio Nazare in Brasile. Non solo paesaggi e centri storici, dunque. Nella cui lista l'Italia è già molto presente con 49 siti e monumenti che vanno dalle Incisioni rupestri della Val Camonica alla chiesa di santa Maria delle Grazie a Milano dove si conserva l'Ultima cena di Leonardo, dal centro storico di San Gimignano alle Dolomiti, dal Monte Etna all'Ortobotanico di Padova. A questo elenco di beni naturali e storici dal 2008 l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione la Scienza e la Cultura ha deciso di aggiungere anche nuove forme ed espressioni dei popoli allo scopo di «aiutare a dimostrare le diversità e aumentare la consapevolezza dell'importanza» della tradizione prescelta. Per questo, la commissione dell'organismo fondato nel 1945 da 194 Paesi membri (più sette associati) con sede a Parigi (e 60 uffici regionali nel mondo) si riunisce a Baku, una città dell'Azerbaigian. Da lì, è venuto il riconoscimento per le processioni delle Macchine a spalla che si affiancano a quelle ottenute negli anni scorsi dall'Opera dei Pupi siciliani, dall'arte dei Liutai di Cremona e dalla più nota Dieta mediterranea. Tradizioni artistiche e creative che in un certo senso siamo già abituati a considerare patrimonio e simbolo della storia italiana. Forse, lo stesso non pensiamo delle processioni dei Santi.

Ma ora sono arrivati gli esperti dell'Unesco a dircelo.

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