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Il processo farsa a Del Turco crolla tra bugie e false prove

A cinque anni dall'arresto dell'ex governatore d'Abruzzo si scopre che le foto delle mazzette sono un bluff. Il superteste rischia l'incriminazione. Un caso che imbarazza la giustizia italiana

Il processo farsa a Del Turco crolla tra bugie e false prove

nostro inviato a Pescara

La farsa è finita, datevi pace. A cinque anni dalle manette all'ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco e alla disarticolazione della sua giunta regionale di centrosinistra, la verità su quest'inchiesta senza stracci di prove viene fuori dall'esame della memory card della macchina fotografica con la quale il supertestimone Vincenzo Angelini e il suo autista certificarono - a loro dire - il passaggio delle mazzette direttamente a casa Del Turco. Foto in verità poco visibili, in quanto nessuna delle persone riprese era riconoscibile. Foto che già allora non dimostravano nulla ma che alla procura servirono per ottenere gli arresti a riscontro di quanto l'imprenditore delle cliniche private Angelini aveva dichiarato a verbale insieme ad altri testimoni che con lui oggi potrebbero rischiare l'incriminazione per false dichiarazioni al pm prima, in tribunale poi. Foto che analizzate in dibattimento dall'avvocato Caiazza, difensore di Del Turco, e mai in cinque anni dall'accusa, certificano come quelle «prove» definite «decisive» da un euforico procuratore capo Trifuoggi (insistiamo, nessun volto si riconosceva all'epoca) in realtà decisive sembrano esserlo a questo punto per l'innocenza di Del Turco.

L'analisi della numerazione progressiva delle immagini oscure, secondo quanto emerge dalla memoria informatica dell'apparecchio Panasonic, dimostra che le stesse sono state scattate non quel famoso 2 novembre 2007, nemmeno due giorni o una settimana prima, men che meno uno, due, tre mesi addietro, bensì a più di un anno di distanza, probabilmente a settembre 2006. Di fronte all'esposizione della consulenza tecnica difensiva redatta dal perito Giacomo Gloria, i pm, il consulente dell'accusa e financo il presidente del collegio sono rimasti visibilmente spiazzati. La novità che manda all'aria un processo dalle fondamenta d'argilla, che non ha trovato un euro fuori posto agli imputati, con un supertestimone rinviato a giudizio per bancarotta a Chieti che già i carabinieri di Pescara volevano arrestare, è per certi versi definitiva. Perché? Seguiteci. A verbale l'imprenditore Angelini racconta che dopo un anno e mezzo di incredibili vessazioni da parte degli amministratori della giunta Del Turco, con contestuale versamento di mazzette ai politici (6 milioni solo all'ex governatore) aveva confessato all'ignara e preoccupata moglie quanto gli andava accadendo. In aula la consorte ha confermato la versione del marito, aggiungendo che una volta venuta a conoscenza dell'«estorsione» (siamo ad ottobre 2007) lo aveva convinto a documentare il tutto. Cosa che il marito farà di lì a poco, il 2 novembre 2007. L'autista e le due segretarie di Angelini, fornendo ulteriori dettagli specifici, avevano riscontrato quella doppia versione, e cioè che per il giorno dei morti del 2007 i soldi erano stati impacchettati e portati a casa di Del Turco a Collelongo. A domanda della difesa (che già sapeva di avere in mano la cronologia esatta delle foto nella macchinetta) i testimoni si erano dilungati nell'esposizione di circostanze riferibili solo a quel giorno di novembre del 2007, arrivando addirittura a compilare una dichiarazione scritta tre giorni dopo l'asserita dazione di denaro e giustificando il «ritardo» con le feste e il week end di mezzo.

La foto di oltre un anno prima spacciata per «prova regina» del novembre 2007 rischia di costituire non solo la prova della falsità dell'accusa ma anche quella dei testimoni. Perché può accadere che un teste si sbagli, anche se è difficile confondere non un giorno, ma un anno per l'altro. Più difficile è che tutti e cinque cadano in errore dopo aver detto perché il giorno «incriminato» era sicuramente il 2 novembre 2007. Ma c'è di più. Non bastasse la cronologia delle foto la difesa ha convocato il titolare dell'impresa edile che realizzò una serie di lavori nella clinica di Angelini, lavori ripresi da ogni angolatura in altre foto temporalmente successive a quelle delle tangenti. Il teste ha riferito di aver svolto quei lavori tra l'estate e il novembre 2006, come peraltro riscontrato da fatture e atti giudiziari estrapolati da altre inchieste, mentre un architetto nel confermare che i lavori si svolsero nel 2006 ha aggiunto di aver visto l'autista di Angelini scattare alcune foto con un macchinetta. Tutto torna. Per Angelini il peggio, però, potrebbe arrivare con l'interrogatorio del perito dell'inchiesta di Chieti dove l'imprenditore è a processo per bancarotta (e dove sono state documentate spese milionarie a dir poco folli). Se l'esperto in contabilità finanziaria dovesse dimostrare che i soldi prelevati dal re delle cliniche sui conti delle sue società invece di terminare nelle tasche di Del Turco&Co. finivano nelle sue, allora bisognerebbe iniziare a porsi seriamente qualche domanda sul perché si è dato credito totale alle sue parole.

E perché si è indagato a senso unico, anche sui viaggi di Angelini a Collelongo e non su quelli di Del Turco nei giorni «incriminati», visto che sempre ieri in aula, gli autisti dell'ex governatore, riscontrando vecchi rapporti di servizio, hanno dimostrato che il governatore abruzzese non poteva fisicamente essere dove Angelini ha giurato fosse. Il presidente, sempre più esterrefatto, ha accolto la richiesta della difesa di chiedere alla società Telepass gli estratti dell'auto di servizio di Del Turco.

Così, giusto per offrire una prova in più alla vergogna degli scatti post datati a imperitura memory card.

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