Politica

Quando Giorgio l'europeista attaccava Bruxelles

Nel discorso alla Camera nel '78 l'attuale presidente della Repubblica criticava l'ingresso dell'Italia nello Sme

Quando Giorgio l'europeista attaccava Bruxelles

Il presidente Giorgio Napolitano ha una macchia nel curriculum di fiero europeista. Era il 13 dicembre 1978, annus horribilis per la storia italiana, in piena stagione di solidarietà nazionale, quando l'allora responsabile della politica economica del Partito comunista annunciò alla Camera l'opposizione all'ingresso dell'Italia nel Sistema monetario, l'embrione della moneta unica. Al tempo Napolitano era il «pontiere» del Pci con Giulio Andreotti e il suo monocolore di solidarietà nazionale.
L'euroscetticismo del futuro inquilino del Quirinale era in netto contrasto con Altiero Spinelli, suo compagno di partito e tra i fondatori della Comunità europea, il quale credeva fermamente nella bontà del percorso che avrebbe portato all'euro. Invece Napolitano criticava le pretese egemoniche della Germania e una scelta che metteva «il carro di un accordo monetario davanti ai buoi di un accordo per le economie».

Ieri se ne sono accorti i quotidiani, il Giornale lo aveva rivelato un mese fa, quel discorso è perfetto per descrivere la situazione di oggi. Con la differenza che le parti sono invertite: il vecchio «migliorista» del Pci è diventato la sentinella del potere europeo, il baluardo contro gli «europopulismi», il censore principale di chi osa avanzare interrogativi sull'Unione.
Paradossalmente Napolitano aveva visto giusto 35 anni fa. «Quello delle garanzie da conseguire affinché lo Sme possa avere successo - disse quel 13 dicembre -, favorire un sostanziale riequilibrio all'interno della Comunità europea (e non sortire l'effetto contrario), è un rilevante problema politico». Ma Andreotti non chiese tali garanzie sottomettendosi alle condizioni dettate dalla Germania. Anche verso l'egemonia tedesca Napolitano manifestò forti perplessità: «Dal vertice europeo - aggiunse in Aula - è venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza della Germania, e in particolare della Banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e a sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie dei Paesi della Comunità».

La moneta unica, il potere tedesco e gli equilibri europei: dopo 35 anni siamo allo stesso punto. A ragione Napolitano denunciava «un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei Paesi più deboli della Comunità, o debba servire a garantire il Paese più forte.

Il rischio è di vedere ristagnare la produzione, gli investimenti e l'occupazione, invece di conseguire un più alto tasso di crescita. Dinanzi alla proposta di una politica di deflazione e di rigore a senso unico, diciamo subito che si tratta di un calcolo irresponsabile e velleitario». Parole sante, e dimenticate.

Commenti