Politica

Quando Grillo diceva: "Ogni candidato deve esprimersi liberamente"

Grillo invita i suoi a votare seguendo le indicazioni del movimento. Ma nel 2011: "I candidati non devono sottostare ai capi bastone"

Vito Crimi mentre vota per l'elezione del presidente del Senato
Vito Crimi mentre vota per l'elezione del presidente del Senato

Adesso Beppe Grillo sventola il codice del Movimento 5 Stelle. Adesso che i suoi sono ben comodi sugli scranni dei palazzi romani, si preoccupa di creare una gerarchia interna a quello che, molto velocemente, si sta trasformando in un partito. Eppure solo qualche anno fa, il guru pentastellato andava sbraitando contro quelle forze politiche che in Aula votano compatte seguendo le indicazioni dei capigruppi. Contro di loro puntava il dito e inveiva: "Non siete nulla, solo pulsante e distitivo".

Probabilmente non ci sarà alcuna espulsione. Probabilmente il manipolo di dissidenti che hanno tradito la fiducia di Grillo per dare una mano a Pier Luigi Bersani a far salire Pietro Grasso alla presidenza del Senato se la caveranno con un semplice buffetto sulla guancia. Tuttavia, la prima frattura nel Movimento 5 Stelle ha fatto imbufalire Grillo che, nelle ultime ore, ha duramente attaccato i neo eletti invitandoli a votare compatti secondo le istruzioni dei due capigruppo, Roberta Lombardi alla Camera e Vito Crimi al Senato. "Il M5S non deve cadere in queste trappole. Comunque, il problema non è Grasso", ha spiegato il comico genovese sul blog ricordando che in gioco c'è il rispetto delle regole del movimento. "Non si può disattendere un contratto - ha contonuato - chi lo ha firmato deve mantenere la parola per una questione di coerenza e di rispetto verso gli elettori". In realtà, Grillo non può proprio fare battaglie sulla coerenza. Basta dare un'occhiata a quanto diceva l'11 agosto del 2011 per capire che, prima che i Cinque Stelle entrassero in parlamento, era profondamento contrario al voto compatto. "La libertà di ogni candidato di potersi esprimere liberamente in parlamento senza chiedere il permesso a nessun capo bastone sarà la sua vera forza", scriveva in un comunicato stampa. Allora, era più facile fare la ramanzina ai partiti che sedevano alle Camere. Allora, poteva benissimo dire che il M5S vuole che "i cittadini si facciano Stato, non che si sostituiscano ai partiti con un altro partito". Allora, gli bastava dire che "i partiti sono morti, organizzazioni del passato" e che i movimenti sono il futuro per eccitare le folle dal "vaffa" facile facile. Adesso è tutta un'altra storia: deve tenere a bada 109 deputati e 54 senatori che pensano con la propria testa, che possono cedere alle lusinghe del Partito democratico, che rischiano di abbandonare il carrozzone pentastellato. Il fatto che Grillo non sia fisicamente presente in Aula, rende la partita ancora più scomoda.

Dopo la tirata d'orecchi di sabato notte, oggi il comico genovese è tornato a mettere in chiaro il regolamento. "Se il gruppo dei senatori del M5S avesse deciso di votare a maggioranza Grasso e tutti si fossero attenuti alla scelta, non vi sarebbe stato alcun caso - ha ribadito - in gioco non c’è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S". Nel "Codice di comportamento degli eletti in parlamento", che è stato sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è infatti scritto: "Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S". Insomma, una volta che il movimento ha deciso chi non è d'accordo deve zittire la propria coscienza. I Cinque Stelle non tutelano la libertà del singolo. Anche se nell'agosto del 2011, ero lo stesso Grillo a dire: "Oggi i parlamentari sono soltanto dei peones ce schiacciano un pulsante se il capo, che li ha nominati, lo chiede. Non sono nulla, solo pulsante e distintivo".

Proprio come i parlamentari del M5S.

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