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Quel sì alle coppie gay è un segnale alla Chiesa

Quel sì alle coppie gay è un segnale alla Chiesa

Silvio Berlusconi fa un'altra fuga in avanti e apre sul riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali. Lo fa per radio, con cautela ma anche con coraggio. A una domanda del direttore di Rtl che lo sta intervistando, afferma che il via libera alle coppie gay può diventare realtà «se si ha una maggioranza che consente di cambiare il codice civile». E scuote la testa in senso affermativo quando il giornalista gli chiede se lui sia d'accordo.
Un gesto forte, per qualcuno dell'elettorato tradizionale del Cavaliere perfino scioccante. Eppure con un preciso significato politico. Anzi due. Da un lato c'è una maggiore attenzione alle questioni dei diritti civili da parte del Cavaliere alla sua sesta candidatura. Lo dimostra il modo fermo con cui è intervenuto giorni fa per condannare i cori razzisti contro il suo giocatore Kevin «Prince» Boateng nel corso di un'amichevole a Busto Arsizio («Assicuro che in tutte le partite, anche internazionali, ove si verificassero episodi di questo genere, il Milan lascerà il campo», la sua promessa). E lo conferma una frase pronunciata a Radio Capital l'ultimo giorno del 2012: «Io ho tanti amici gay, sono simpatici e divertenti».
Dall'altro lato però c'è una strategia politica ben più importante. Berlusconi con le sue parole manda un chiaro messaggio alla Chiesa, che nei giorni scorsi, utilizzando le colonne dell'Osservatore Romano, si era schierata apertamente dalla parte di Mario Monti. Un endorsement che non è andato giù al Cavaliere, il quale già prima di Natale aveva mandato un avviso ai naviganti. «Credo che l'influenza della Chiesa sia assolutamente presente, auspico si ricordi cosa abbiamo fatto per la Chiesa negli anni del mio governo e si tenga presente cosa farebbe la sinistra se andasse al governo», le sue parole del 20 dicembre. Ora lo scenario è parzialmente modificato, in campo c'è un competitor che sembra aver catalizzato le simpatie delle gerarchie ecclesiastiche e Berlusconi prova a smarcarsi su una delle tante questioni su cui finora aveva sempre appoggiato la Santa Sede: il finanziamento alle scuole cattoliche, l'esenzione sull'Imu, i temi etici, il valore della famiglia.
Il contropiede di Berlusconi del resto va letto con attenzione. Non legittima affatto i matrimoni gay ma va nella direzione di quel «patto di convivenza» proposto proprio ieri dal Consiglio nazionale del notariato: un contratto sottoscritto da due persone che non vogliano o non possano sposarsi ma che vogliano disciplinare in tal modo i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune, con trascrizione in un apposito registro nazionale. Una proposta che assomiglia molto a un ddl presentato qualche mese fa dal senatore del Pdl Carlo Giovanardi. Insomma, non una forzatura del concetto di famiglia ma comunque un significativo passo avanti per il riconoscimento delle unioni di fatto.
Le associazioni per i diritti degli omosessuali ondeggiano tra soddisfazione e diffidenza alle parole di Berlusconi. «Sicuramente servono proposte concrete», dice cauto Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, che poi sfida Berlusconi: «Inserisca la proposta nel programma del centrodestra». «Berlusconi è riuscito a dare una lezione a Monti, Fini e Casini persino su un tema liberale come i diritti delle coppie gay», fa notare il segretario nazionale di GayLab Daniele Priori.

Seccata la reazione della Chiesa, per bocca di monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e a capo della Commissione episcopale per l'episcopato: «Siamo proprio fuori di testa se si pensa che questa sia la priorità».

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