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Quelle partite Iva schiacciate da Equitalia

La condanna a morte in Italia viene eseguita ogni giorno tramite le cartelle esattoriali

Quelle partite Iva schiacciate da Equitalia

La condanna a morte in Italia viene eseguita ogni giorno nei confronti di circa mille micro e piccoli imprenditori tramite le cartelle esattoriali di Equitalia o le ingiunzioni di rientro immediato degli affidamenti delle banche. Sta morendo il «popolo delle partite Iva», 4,5 milioni di imprese, i tantissimi piccoli che fanno grande l'Italia. Eppure sembra che nessuno si accorga che sono i nuovi proletari: allo Stato hanno sempre dato tutto e ora che sono in difficoltà lo Stato non dà loro nulla, nessun sindacato si occupa di loro e a differenza degli statali e persino dei loro dipendenti non hanno alcuna tutela. Sono l'incarnazione del ceto medio che sta sprofondando nella povertà, passando da un giorno all'altro da una vita dignitosa alle case popolari e alle mense dei poveri. Ho trascorso il pomeriggio di venerdì scorso nel Bed&Breakfast Il Girasole a Migliarino in provincia di Ferrara. La titolare Alessandra Marazzi non ce la fa più ad andare avanti nonostante abbia tagliato tutti i costi, sbrigando personalmente le pulizie, la cura del giardino, l'attività di marketing e i rapporti con il commercialista: «Avevo due alternative: o pagare le tasse o sopravvivere, pagando i costi dell'azienda e le bollette. Siccome le entrate sono diminuite abbiamo dovuto fare la scelta di non pagare le tasse. Ho aderito al “Gruppo Protesta fiscale ad oltranza”. Ci stiamo preparando per fare qualcosa di clamoroso a maggio, come presentare l'F24 in bianco». C

on lei c'era Cristina Berti, residente a Castelnovo Barriano in provincia di Rovigo, venditrice ambulante di abbigliamento italiano (taglie grandi): «La gente non compera l'abbigliamento italiano, preferisce quello cinese perché costa meno. Questa settimana ho preso 100 euro lordi. Incasso 600 euro lordi al mese e vivo in una casa popolare con un affitto di 150 euro al mese. Non dovrei pagare l'affitto essendo assegnata ai servizi sociali così come succede agli immigrati. Ma mi dicono che per il computer io devo pagare perché risulto essere un imprenditore!». Più agevole la situazione di Lara Salicini, gommista di Portomaggiore in provincia di Ferrara: «Paghiamo tutte le tasse, ma è una grande fatica perché sono troppe». Per dare in busta paga 1.400 euro, all'azienda ne costa 3.800, il resto vanno in tasse e Tfr.

All'incontro era presente Fabrizio Martin, imprenditore edile, del direttivo e portavoce di «Imprese che resistono» e della «Rete Sì Salviamo l'Italia»: «L'edilizia è il settore maggiormente danneggiato da questa politica assurda. Il lavoro in Italia ci sarebbe, risistemare le abitazioni private vale 200 miliardi». Alfredo Belluco, presidente veneto di Confedercontribuenti, è l'uomo simbolo della lotta alle banche: nel 2002 come imprenditore ha sconfitto in tribunale la Cassa di Risparmio del Veneto. All'incontro ha denunciato la vicenda di Remigio Tuppini, imprenditore orafo in lotta con l'Unicredit di Bologna per aver pagato 112.926.773 euro più del dovuto come anatocismo. Racconta la storia di Mario Bartoletto, imprenditore edile di Vigonza che è riuscito ad ottenere dalla banca 90mila euro per cifre non dovute e quella dei fratelli Lunardi titolari dell'azienda L'Altra frutta di Galzignano Terme, costretti a chiudere strangolati dai debiti bancari e che ora cercano disperatamente giustizia nei confronti della Banca di Credito cooperativo dei Colli Euganei, filiale di Lozzo Atesino, che è già stata condannata in sede civile con sentenza definitiva per aver praticato un tasso d'usura del 58,98%! Alessandra, Cristina, Lara, Fabrizio e Alfredo sono degli eroi che resistono nonostante la flagrante ingiustizia di uno Stato ladrone e aguzzino, di banche che praticano usura legalizzata e di una società che è indifferente alla loro scomparsa, senza renderci conto che se muoiono le imprese moriamo tutti. È questa la vera emergenza in Italia: salviamo le imprese!

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