Cronache

Questo freddo fuori stagione gela i catastrofisti del clima

Un maggio così è raro ma non eccezionale. E lo stop al Giro d'Italia era già avvenuto due volte negli anni Ottanta. Ma gli allarmismi fanno presa

Passanti provano a ripararsi dalla pioggia  a Roma / Archivio
Passanti provano a ripararsi dalla pioggia a Roma / Archivio

Come disse quello, per cadere in rovina il modo più veloce è coi cavalli, quello più piacevole con le donne, quello più sicuro con gli esperti. Alla larga da costoro. Con eccezione di quelli sul clima: non ci fossero bisognerebbe inventarli. Per il sollazzo generale.

Tra questi, accanto ad una ristrettissima minoranza di stimati professionisti, immancabilmente geologi o fisici - come Uberto Crescenti, ex-Rettore dell'università di Chieti o Fabio Malaspina, fisico dell'atmosfera e colonnello dell'aeronautica - v'è una pletora di curiosi individui che indisturbati si millantano esperti in climatologia. E riscuotono pure credito. Ogni città ha il proprio esperto, come ogni villaggio ha il suo scemo. Nella mia, Modena, ce n'è uno che ha il diploma di scuola media ma viene chiamato professore, anche se in fatto di clima e di meteo non ne azzecca una. A Milano ce n'è un altro che dice di essere anch'egli professore, al Politecnico nientemeno, ma non si capisce chi gli abbia conferito il titolo: se cercate tra i dati del ministero dell'università la sua qualifica, non trovate neanche il suo nome, cioè all'università è un nessuno. Che però si diverte indisturbato in un suo demenziale blog a insultare un giorno Franco Prodi, luminare italiano di fisica dell'atmosfera, un altro giorno Richard Lindzen, dell'Accademia nazionale delle scienze americana, entrambi rei di mettere in cartesiano dubbio la favola del riscaldamento globale causato dall'uomo. A Firenze hanno Maracchi, che professore lo è veramente, ed è anche Accademico della Vite e del Vino. Che non è un titolo fuori posto, ché il professor Maracchi s'è laureato in Agraria. Come laureato in Agraria è il massimo esperto di clima di Fabio Fazio, quello di Raitre.

Per qualche misteriosa ragione, millantarsi ed essere accreditati esperti in scienza del clima - disciplina peraltro complicatissima di cui solo se sei fisico o geofisico riesci a venirne a capo - sembra essere un gioco da ragazzi. Come mai? È un mistero. Tutti costoro sono però accomunati dalla circostanza di dichiararsi asserviti al luogo comune che vuole le attività umane causa dei capricci del clima. Ove per attività umana s'intende le emissioni di CO2. La cosa fa molto piacere ai tanti che cercano di vendere attività a zero-emissioni - che è un poco come pretendere di vendere benzine che non bruciano o lozioni che fanno crescere i capelli. E sono proprio costoro che pompano i loro utili idioti e li chiamano professori. La cosa ha un lato tragico: hanno promesso per anni la green-economy e la creazione di milioni di posti di lavoro, ci hanno imposto di dar loro credito, ed eccoci qua, in piena recessione.

Per fortuna la cosa ha anche il suo lato esilarante, e ce ne compiacciamo. Ad esempio, come dimenticare i fessi col botto che nel dicembre 2009, a Copenhagen, imbacuccati come orsi polari e sommersi da metri di neve, protestavano contro il riscaldamento globale? O La Stampa che scriveva il 3 gennaio del 1981, in prima pagina, a firma di un perito elettrotecnico riciclatosi come esperto (e te pareva) meteorologo (e sul cui nome stendiamo il proverbiale velo): «Nel 2000 non vedremo più la neve». O il Corsera che non rinuncia a pubblicare gli strali contro il riscaldamento globale del politologo, riciclatosi (e te pareva) climatologo, Giovanni Sartori; che almeno ha avuto l'accortezza di stramaledire il caldo ogni ferragosto di ogni anno, cioè come facciamo tutti.

Per sconfessare gli esperti è troppo facile partire dal freddo di questi giorni con le relative grida sul «maggio più freddo della storia». Secondo il professor Giampiero Maracchi, «non ha avuto uguali per almeno due secoli». In realtà, bruschi ritorni di freddo nella metà di maggio sono ben noti alla tradizione popolare, che chiama di ghiaccio i santi Mamerto, Pancrazio, Servazio, Bonifacio di Tarso e Sofia. Addirittura era l'8 giugno del 1956 quando il Giro d'Italia si concluse sotto una fitta nevicata e la stampa titolò «uragano sulle Dolomiti». E lo stop al Giro per maltempo che tanto ha fatto parlare in questi giorni si è ripetuto già nel 1984 e nell'88. Prendeteli a ridere, questi esperti. E leggete, piuttosto, Da Okeanos a El Niño (Bruno Mondadori editore) di Renzo Mosetti, fisico di prim'ordine e Direttore del Dipartimento di Bio-oceanografia dell'Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica di Trieste. Scoprirete in modo fantastico come distinguere la scienza dal mito.

Commenti