Politica

Le reazioni La tentazione degli azzurri

RomaÈ l'ora della rabbia, della perplessità ma anche del tentativo di ragionare a mente fredda. Dentro il Pdl la mossa a sorpresa della Lega - quello strappo arrivato dopo il via libera di Roberto Maroni alla nuova giunta Formigoni - arriva apparentemente come una sorta di fulmine a ciel sereno. «I patti sono stati violati» è la posizione ufficiale. In realtà diversi dirigenti di via dell'Umiltà avevano capito dalle parole dell'ex ministro dell'Interno di tre giorni fa - con il suo continuo rimando alle decisioni del Consiglio federale - che un margine di incertezza resisteva e che il finale del thriller era ancora tutto da scrivere. In particolare già da venerdì - leggendo nelle pieghe di alcuni distinguo maroniani - tra i dirigenti azzurri si era diffusa la convinzione che la partita fosse ancora aperta. Troppo forte la tentazione per la Lega di giocarsi la partita della recuperata purezza e puntare sull'election day Politiche-Regionali nel 2013. Una scommessa facile facile con cui costringere il Pdl a cedere il candidato presidente della Lombardia in cambio dell'accordo per le elezioni politiche, in ossequio alla logica della «trattativa complessiva» già utilizzata in passato da Bossi nella definizione delle candidature per le regioni del Nord.
Naturalmente le letture di quello che da alcuni viene letto come un voltafaccia maroniano sono diverse. «Mi pare che la Lega all'interno si sia divisa e i vertici siano stati sconfessati» attacca l'azzurro Osvaldo Napoli. «Votare il prossimo anno? La Lega nei confronti del Pdl non può fare la maestra di moralità». Informalmente, dentro il Pdl, qualcuno si lascia sfuggire a mezza bocca il pensiero più scontato: «Con Bossi tutto questo non sarebbe accaduto». E altri, senza troppa convinzione, arrivano a immaginare possibili ritorsioni in Veneto e Piemonte ma questa linea apertamente conflittuale - e masochistica - non decolla. L'effetto domino non ci sarà, non ci sono le condizioni politiche per innescarlo. Piuttosto la vera partita - qualora lo stop a Formigoni dovesse resistere e non ci fosse un passo indietro da parte dei leghisti - appare quella della data del voto.
La proroga a tempo fino ad aprile al momento non convince. «La Regione Lombardia è stata governata bene. E allora non si può dare una scadenza temporale» dice Ignazio La Russa. «Piuttosto si vada a votare subito. Non ci debbono essere soluzioni intermedie. Credo che se non si riesce a trovare un'intesa, non ci sia bisogno di aspettare aprile. In ogni caso la decisione della Lega mi stupisce: arriva due giorni dopo l'incontro con Formigoni e Alfano. Mi viene da domandare a Maroni: cosa è cambiato? Eravamo abituati a una Lega più affidabile». E se Maurizio Gasparri chiede un chiarimento, Massimo Corsaro ci va giù duro. «La Giunta a tempo fa ridere. Se Formigoni non prosegue si voti ora. O qualche furbo vuol far combaciare date per ricatt.. incassare?». Il coordinatore lombardo, Mario Mantovani, però, tiene aperto uno spiraglio. «Valutiamo prima la nomina della nuova giunta. Non credo che la Lega voglia rischiare di perdere la regione meglio governata d'Italia». Qualcuno, peraltro, ipotizza un dietrofront leghista in caso di attribuzione di deleghe forti nella giunta nascente. In realtà dalle parti di via Bellerio - Maroni per tutta la giornata si fa negare al telefono ai dirigenti del Pdl che lo cercano - si fa capire che la questione Formigoni è chiusa e la decisione irrevocabile. Ma la logica, spiegano, porta a un ragionamento in prospettiva con il Pdl perché certo l'euroregione o il federalismo fiscale «non possiamo farlo con Sel o con Grillo». Senza dimenticare la trattativa sulla legge elettorale. Non è l'ora del muro contro un muro, è il ragionamento leghista. Il Pdl sta cercando di costruire qualcosa di nuovo.

Definiamo questo percorso insieme piuttosto che guardare al passato.

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