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Il regalo del governo a Marino: su Roma piovono 570 milioni

Il nuovo decreto più generoso di quello rottamato: fondi trasferiti subito e default evitato con la promessa di privatizzazioni e tagli al personale. Il sindaco: "Non aumento le tasse"

Il sindaco di Roma Ignazio Marino
Il sindaco di Roma Ignazio Marino

Roma - Roma si gioca le entrate future. O meglio, per tappare il buco nel bilancio, usa i trasferimenti all'amministrazione comunale che lo Stato avrebbe dovuto rateizzare in più anni. Il tutto assicurando privatizzazioni, liberalizzazioni e risparmi, compresi tagli al personale. In altre parole, default evitato, in cambio della promessa di dare alla Capitale quell'amministrazione virtuosa che non ha mai avuto. Il Salva Roma è arrivato al traguardo al consiglio dei ministri numero quattro di Renzi.
Nel nuovo decreto vengono anticipati al Comune 570 milioni di euro destinati alla «gestione ordinaria». Un importo superiore a quello previsto dal decreto ritirato mercoledì, che stanziava 485 milioni di euro per tappare il buco ed evitare il fallimento della capitale. La cifra concessa dal nuovo esecutivo è un importo «dovuto in più rate e prevalentemente derivante dai tributi versati dai cittadini romani», si legge nel comunicato del governo.
«La somma trasferita tra commissario e Comune rimane la stessa, ma le modalità sono differenti», ha spiegato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio. «Non è un trasferimento dello Stato al Comune, ma somme dovute al Comune che vengono anticipate invece di essere liquidate a rate». L'obiettivo è fare «massa critica per le esigenze» dell'oggi. Tra le condizioni poste dal nuovo esecutivo, ha spiegato Delrio, c'è l'attivazione di una serie di misure, compreso l'aumento delle entrate, previste per i comuni con i conti in rosso.
Ma il sindaco della Capitale Ignazio Marino ha escluso un aumento della pressione fiscale cittadina. Nonostante la necessità di ridurre il disavanzo di Roma, «non alzerò le tasse ai cittadini romani, che hanno il diritto di avere servizi all'altezza», ha assicurato. I 570 milioni non verranno calcolati nel Patto di stabilità interno.
Il provvedimento ha suscitato proteste tra quanti si erano già opposti alla prima versione del Salva Roma. «Ma Renzel ci prende per scemi?», ha scritto su Facebook, germanizzando il nome del presidente dell Consiglio, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che ha annunciato «opposizione totale» a questa e alle altre misure approvate dal consiglio dei ministri di ieri. «Amministro una città che ho trovato con un miliardo e mezzo di debito e 850 milioni di disavanzo. Non abbiamo avuto, ovviamente, il Salva Napoli», ha protestato Luigi de Magistris. Giuliano Pisapia, si è limitato a ricordare che «Milano ce l'ha fatta da sola». Un regalo a Roma, insomma, c'è stato. Ma quella approvata ieri è anche una «misura tampone» che non lascia scampo all'amministrazione cittadina, ha commentato Osvaldo Napoli di Forza Italia. Sindaco e giunta, «dovranno prendere misure drastiche».
La contropartita è effettivamente gravosa, almeno sulla carta. In pratica il decreto recepisce l'emendamento di Giorgio Santini (Pd) in materia di liberalizzazione e dismissioni. Stabilisce l'obbligo per le città in rosso di risparmiare sull'acquisto di beni e servizi, uno stop alle assunzioni di personale e una ricognizione di quello già in organico nelle società partecipate. Poi liberalizzazione dei servizi pubblici di trasporto pubblico locale, di raccolta dei rifiuti e di spazzamento delle strade. Per le società partecipate che non svolgono servi pubblici è prevista la cessione o la liquididazione. In vendita anche il patrimonio immobiliare del Comune. A Marino l'onere di comunicare il piano di rientro a governo e Parlamento.

Poi, soprattutto, quello di farlo digerire a una amministrazione fatta di 63mila persone.

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