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Ma Renzi abbandona i due marò: cita tutti tranne i militari in India

Nel discorso del premier neanche una parola per Girone e Latorre

Ma Renzi abbandona i due marò: cita tutti tranne i militari in India

Allora, se abbiamo capito bene. L'Europa «deve smetterla di essere solo un puntino su Google Maps» (nonché di farsi selfie, chè vengono male), ma piuttosto «smart». Meglio sarebbe «tornare a essere una frontiera» e «rovesciare l'approccio con l'Africa», «non costruire contro la Russia» e «fare di più per Israele e i Palestinesi». Però, questo è il punto, se l'Europa «non si indigna di fronte a una donna che si chiama Asia Bibi, ferma da quattro anni in un carcere in Pakistan... se di fronte alle ragazze rapite in Nigeria... non c'è reazione... se di fronte a una donna, Miriam, che partorisce in carcere in Sudan... o alle ragazze della Primavera araba continuiamo solo a utilizzare frasi fatte, slogan vuoti, parole retoriche...».

Matteo Renzi avrebbe potuto continuare fino a sera ricordando - per usare il linguaggio dell'irriverente leghista Salvini - «gli sfigati di tutto il mondo». Eppure nell'intera, anzi interminabile giornata di presentazione al mondo, il premier italiano nonché leader di Semestre europeo ha mostrato un buco nella bandiera identitaria e, di sicuro, della propria memoria.

È un tweet del forzista Fitto a sottolinearlo, appena finito il discorso: «Renzi si dimentica i nostri marò. Che tristezza». La totale assenza di un impegno in sede europea per «internazionalizzare» la questione è una pecca, forse non l'unica. Renzi però segue tutt'altra strada, e la snocciola quando interviene nella diretta serale di Porta a Porta. «La scelta di non parlarne è voluta: è una vicenda complicata, che resta una ferita... Una parola rischia di essere di troppo. Non credo che la soluzione sia che l'Italia vada al Parlamento europeo perché non è quella la sede dove si risolvono i problemi con l'India. Non faccio campagna elettorale o demagogia sulla pelle dei marò».

Eppure, in un discorso tutto incentrato sul tema dell'identità, per sfuggire alla freddezza dell'economia e della vil moneta, alla noiosa e sbiadita pianta europea nelle mani dei burocrati («Ci bastano i nostri», la migliore delle battute renziane), magari un accenno anche ai Lagunari non avrebbe fatto danni. Di sicuro non più della querelle che ha animato - ben più della ricerca delle radici dell'Occidente - la giornata dei cronisti presenti, a caccia dell'evanescente conferenza stampa del premier con Schulz, data per certa (come da rituale) e invece rinviata più volte fino all'annullamento finale «causa restrizioni orarie del premier italiano», come ha dovuto annunciare Schulz, stranito e imbarazzato.

Urgeva Bruno Vespa e Porta a porta: una bella scusa per disertare, che sembra fatta apposta per sottolineare l'irrituale sgarbo a tedeschi e loro alleati. Peccati di gioventù, considerata l'emozione e i tanti riferimenti, persino un po' grotteschi, alle radici d'Europa. Per cui: «Se pensiamo al passaggio del testimone tra Grecia e Italia, pensiamo a cose straordinarie e affascinanti e ricche di suggestione, come il rapporto tra Anchise ed Enea, Pericle e Cicerone, l'agorà e il foro, il tempio e la chiesa, il Partenone e il Colosseo». E se «Ulisse affascina ed emoziona, ha animato la letteratura antica, da Dante a Joyce...» perché «nessuno parla di Telemaco?». Il figlio che dev'essere all'altezza dell'eredità del padre, dice Matteo iscrivendosi d'ufficio alla «generazione Tele».

Ma forse non intende la stessa cosa di Omero.

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