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Renzi fiuta la trappola: "Non vado al governo senza passare dal voto"

Il segretario Pd respinge l'ipotesi della staffetta con Letta e spera ancora che si vada alle urne entro ottobre, dopo il varo dell'Italicum

Renzi fiuta la trappola: "Non vado al governo senza passare dal voto"

Roma - Alla vigilia dell'incontro tra Enrico Letta e Giorgio Napolitano, è Matteo Renzi ad abbassare (per ora) la saracinesca sulla «staffetta» di Palazzo Chigi: «Ma chi ce lo fa fare ad andare al governo senza elezioni? Nessuno di noi lo ha mai chiesto».
E non è l'unico segnale rassicurante che il sindaco invia al premier (e al Colle). Il primo messaggio, affidato a un fedelissimo, è per Alfano, D'Alema, Cuperlo - secondo il quale serve «un nuovo governo» e se Letta «non è in grado se ne faccia carico Renzi» - e tutti quelli che premono per mandare il segretario Pd a Palazzo Chigi: «Chi propone Renzi premier lo fa con lo spirito di quei democristiani che volevano far fuori un leader e lo “promuovevano” al governo», dice Davide Faraone. Il sindaco insomma vede bene la trappola, e non solo il formaggio messo lì per attirarcelo. Il secondo messaggio è per Letta e Napolitano: il governo «sembra essersi bloccato» e va rimesso in moto, dice Maria Elena Boschi. Quanto a Renzi, «il mio augurio è che diventi premier attraverso l'investitura popolare». Le elezioni restano lo scenario preferito per il segretario Pd, che non fa niente per nasconderlo. «Lo so che in Parlamento molti vogliono arrivare al 2018. Lo dicano, invece di tirare in ballo me e un mio governo», avverte. Voto quando? «In realtà, la finestra del voto a giugno è aperta fino al 10 aprile», ragiona uno dei suoi, e tecnicamente la strada è percorribile: «Una volta approvata la legge elettorale, l'obiezione principe di Napolitano contro il voto non ci sarà più», e in una situazione di governo sfilacciata e precaria potrebbe diventare un'opzione quasi obbligata.

Ma Renzi sa che le resistenze sono molteplici, e che in tanti sono pronti ad allungare i tempi del ridisegno dei collegi (molti gli emendamenti in questo senso all'Italicum, da votare a scrutinio segreto) per sventare la sciagura. Per questo ripete che, per quel che lo concerne, il suo schema preferito resta quello stabilito: «Un governo c'è già, e per me dura altri 8 mesi». Il che vuol dire fino a ottobre, prossima data utile per il voto. Ed è anche la data utile per giocare il nome di Letta nella partita delle nomine europee. Dalle parti del sindaco c'è la sensazione che il premier stia rinunciando alla resistenza a ogni costo: anche lui, realisticamente, si rende conto che la sua anomala maggioranza ha esaurito le batterie e non ha più un orizzonte politico, tanto più che il dossier riforme se lo è definitivamente intestato Renzi. Quindi Letta potrebbe essere tentato di «trattare un'uscita onorevole»: un rimpasto per rifare il make up al governo («Ma senza venirmi a dire: ti do due posti, dammi due dei tuoi. Al mercato delle vacche non vado», avverte Renzi), un po' di ossigeno programmatico per consentire al Pd di affrontare le Europee con meno handicap, e dopo l'estate lo scioglimento consensuale del governo. L'obiezione «niente elezioni durante il semestre Ue» sembra ormai archiviata, e Renzi ha ribadito più volte che il voto è «tecnicamente possibile» e che ci sono precedenti illustri. L'ipotesi staffetta, o di «una legislatura fino al 2018 per fare la riforma dell'Italia» resta sul tavolo. Ma è la più difficile, «quella che mi piace meno».

E comunque «sono gli altri a doverla proporre», Letta e Napolitano per primi.

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