Politica

Renzi gela il “suo” Pd: “In Sicilia ha vinto l’astensione”

Il sindaco di Firenze a Milano: "Questo è un importante campanello d’allarme per tutti noi"

Renzi gela il “suo” Pd: “In Sicilia ha vinto l’astensione”

Che non fosse stato un trionfo lo si è capito subito. Il Pd in verticale calo di voti ha portato a casa il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, ma in un’assemblea regionale frammentata e incerta. E il vero dato politico del giorno è stato il trionfo - questo sì - dell’astensione, o dei «grillini» primo partito dell’isola. A mettere il dito nelle piaghe di Pier Luigi Bersani il suo sfidante alle primarie del centrosinistra, Matteo Renzi, che ieri ha portato al Dal Verme di Milano circa 2mila sostenitori. «Sono contento che in Sicilia il candidato espressione della coalizione in cui mi riconosco abbia avuto la maggioranza dei voti», ha detto Renzi. Nell’isola, tuttavia, secondo lui, «il partito che ha vinto è soprattutto quello dell’astensionismo e questo è un importante campanello d’allarme per tutti noi».

Renzi ha riempito il teatro milanese, e 2-300 persone sono rimaste fuori, a seguire il comizio su un maxischermo in strada. In prima fila non c’era solo un pezzo della borghesia milanese - Giulia Maria Crespi per tutti - e un pezzo della finanza: Formenton e Maurizio Carrara di Unicredit Foundation per esempio. C’era soprattutto mezza giunta di Palazzo Marino. Il sindaco, Giuliano Pisapia, al di là di una applauditissima stretta di mano, ha mantenuto un profilo molto basso. Per una scelta di «equidistanza», dice lui. Ma fa notizia, e farà arrabbiare non poco il governatore della Puglia, il fatto che Pisapia abbia deciso di non sostenere apertamente Nichi Vendola, che in teoria è il leader del suo (?) partito. I rapporti fra i due volgono al freddo. E del resto con Renzi sono diverse le cose in Comune: la fascia da sindaco, prima di tutto, e le primarie poi. Li separa, questo è vero, una certa visione dell’economia, del mercato del lavoro, forse del finanziamento pubblico. Tutti temi su cui Renzi ha insistito molto, ma poi non ha lesinato lusinghe esplicite al «collega».

Il comizio è filato liscio sul format prestabilito. Con le citazioni di Don Milani e Cetto La Qualunque, Woody Allen e Adriano. Olivetti. Con la rottamazione teorizzata e rivendicata. Le frecciate a D’Alema, l’attacco ai suoi compagni molto interessati a banche e finanza anche se poco propensi a parlarne, e poi quel tanto di «rupture» sul terreno proprio dell’economia, e la promessa - forse il passaggio più apprezzato dal teatro - su quel che accadrà in caso di sconfitta. «Se perdo vado a casa» ha promesso Renzi impietoso mentre sul video scorrevano le immagini dei tanti sconfitti delle primarie poi riciclatisi ministri o presidenti della Camera: Alfonso Pecoraro Scanio, Antonio Di Pietro e Fausto Bertinotti.

C’è poco da fare: è questo che piace ai suoi fans: la rottamazione, la promessa-minaccia di mandare a casa tutti quelli che sono lì dai tempi del Pci-Pds-Ds, delle Querce e degli Ulivi: «Abbiamo deforestato mezza Italia – ironizza Renzi, riferendosi ai simboli - ma i nomi sono sempre quelli».

Commenti