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Renzi: non si può governare con Formigoni e Giovanardi

Renzi: non si può governare con Formigoni e Giovanardi

RomaGianni Cuperlo sì, Pippo Civati assente. E Matteo Renzi non è parlamentare: ieri nell'aula di Montecitorio si votava un'ennesima fiducia al governo di Enrico Letta, quella sul decreto che finanzia le missioni militari, e dei tre candidati segretari del Pd solo uno la ha votata.
Un piccolo paradosso che la dice lunga sul difficile rapporto tra il Pd e l'attuale governo. Un governo, avverte Matteo Renzi, che ora «è in mano al Pd, e chi ha in mano il Pd può fare quello che non è stato fatto in vent'anni». Ieri il candidato favorito delle primarie di domenica (ma lui mette in guardia: «Chi dice che ho già vinto vuole fregarmi») da Porta a Porta, è tornato a dettare le sue condizioni da probabile futuro azionista di maggioranza di Letta. Ha anticipato (bruciando l'annuncio che Letta avrebbe voluto fare in prima persona) «un patto alla tedesca», spiegando che il premier, incassata la fiducia, presenterà «entro un mese un programma dettagliato» di quanto intende fare di qui ai prossimi dodici mesi. E sulle riforme ha dettato i tempi: «Entro le Europee del 25 maggio questa maggioranza dovrà far passare la legge elettorale almeno in prima lettura e avviare un percorso di revisione costituzionale semplificato». Anche perché «o noi del Pd, da fulcro del governo, riusciamo a far sì che Letta riesca a fare le cose che servono, o alle prossime elezioni Grillo e Berlusconi ci mettono nel panino e ci portano via». Il problema che ora Renzi si trova davanti, come spiega in serata a Roma, davanti ad un Teatro Olimpico affollatissimo, sono proprio le elezioni europee. Lo dice chiaro, il sindaco: «Rischiamo seriamente di perderle, schiacciati tra Berlusconi e Grillo». Per questo il governo avrà nei prossimi mesi il suo fiato sul collo: «Se arriviamo alle elezioni europee senza aver fatto nulla, siamo morti. Dobbiamo riuscire a realizzare le cose che i Cinque Stelle, come ammette lo stesso Grillo, non sono riusciti a fare in questi mesi». Ci vuole quindi «un Pd che finalmente detti l'agenda, dopo che per 20 anni l'ha dettata Berlusconi e noi non abbiamo toccato palla».
Sulla legge elettorale, Renzi sta per averla vinta: «Presto verrà spostata alla Camera», annuncia, e tolta al Senato dove si è impaludata (per volere dei suoi compagni di partito) da mesi. Anche il presidente del Senato Grasso gli ha dà manforte, con grande sconcerto dei partitini minori, a cominciare dagli alfaniani. Cui Renzi non lesina sarcasmi: «A me fa specie vedere una parte della sinistra che coccola come nuovi leader Alfano, Formigoni o Giovanardi. Quando sento Alfano che parla del metodo Boffo mi chiedo che diceva ai tempi? O si è contro sempre o mai, non solo quando ti fa comodo». Poi torna sulla differenza di peso parlamentare tra Pd e governisti ex Pdl, per spiegare chi comanderà nella futura maggioranza: «Non dico che Alfano non conta niente. Dico che va bene collaborare, ma partendo dai rapporti di forza che non sono quelli che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, in cui il Pd sembrava a rimorchio». Come sulla vicenda Imu, «gestita male dal governo».
Enrico Letta, per il momento, è costretto a fare buon viso a cattivo gioco, e blandisce il sindaco: «Chiunque sia il segretario del Pd lavoreremo bene insieme e lo dico senza retorica», perché «c'è un interesse del Paese che viene prima degli interessi personali dei singoli». Ma Gianni Cuperlo, sfidante di Renzi, insorge: «Ma cosa sono quelle di oggi se non minacce a Letta? Saranno pochi i senatori di Alfano, per cui non ho grande simpatia politica, ma sono decisivi per la sopravvivenza del governo. Chiedo a Renzi: noi il governo lo vogliamo aiutare o lo vogliamo fare cadere?». Nel frattempo, si scopre che la Cgil sta inviando lettere a tutti i suoi pensionati raccomandando di votare Cuperlo.

E Renzi ribatte: «Se pensate che il segretario Pd debba prendere la linea dalla Cgil, votate qualcun altro».

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