Politica

Ricatti e bombe carta: se si gioca lo decide il tifoso

Comanda la piazza, anche nel calcio

Comanda la piazza, anche nel calcio. A Romanon si è giocata soltanto una partita di football ma è andata in scena una commedia all'italiana, ridicola, mediocre, volgare. Una tribuna autorità piena di gente inutile, nel senso etimologico, incapace di fare ma soltanto di ciarlare, esibirsi, da Renzi a Malagò, da Abete a Beretta, da De Laurentiis a i due Della Valle, tra i sorrisi della Bindi e altri fotogrammi di un Paese che continua a farsi riconoscere. Si gioca? Non si gioca? Telefonate, consulti, scambi di pareri, chiacchiere, in campo, in tribuna mentre la curva del Napoli se ne fotteva e sparava petardi, inneggiando ai «prigionieri» della gang. Il capo ultras lo chiamano Genny a carogna, leader indiscusso della curva del Napoli, vestiti con la maglietta che urlava «Speziale libero», sarebbe Antonino Speziale condannato per l'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, morto il 2 di febbraio del 2007 per le ferite dopo gli scontri di Catania-Palermo. I rave football party degli ultras si ripetono in tutti gli stadi italiani, sono loro i padroni del gioco e a Roma lo hanno dimostrato, prima, durante e dopo. I signori della tribuna non hanno deciso nulla perché già sapevano che qualunque loro azione avrebbe provocato la reazione aspra dei tifosi. E così, dopo un'ora di circo non equestre ma pedestre, i dirigenti dell'ordine pubblico sono andati sotto la curva dei napoletani per ricevere rassicurazioni, volete che si giochi? Massì, noi vogliamo che si giochi. E così è stato, ripetendo la sceneggiata di un derby tra Roma e Lazio sospeso per volere degli ultras per una falsa notizia di un bambino ucciso dalla polizia, negli scontri della vigilia. In fondo che cosa era successo, un ferito grave, altri ammaccati, altri bruciati da alcune pallottole, volete mettere l'importanza dell'incasso? Volete mettere le conseguenze di una evacuazione forzata dell'Olimpico? La capitale non può permettersi roba del genere, il calcio giammai, è roba seria.
Questa è l'Italia, questi gli italiani che hanno fischiato l'inno di Mameli cantato dall'Alessandra Amoroso in un teatro di ignoranti che ha inneggiato all'eruzione del Vesuvio per distruggere Napoli e la sua gente.

Questo è il nostro calcio che perde punti e posizioni nelle classifiche internazionali ed è tra gli ultimi nelle graduatorie del fair play, quello del comportamento, della lealtà, della correttezza. I delinquenti di Roma, quelli che si sono affrontati fuori dall'Olimpico, sono gli stessi che frequentano gli stadi perché il calcio offre loro zone franche. Se ne fregano della tessera del tifoso, se ne fregano delle leggi sui cori razzisti, sanno che senza «il meraviglioso pubblico» il football non esiste. L'Italia è capitale del sud Europa calcistico, non soltanto geografico. Esportiamo un'immagine di stadi incivili, di un pubblico razzista, di un calcio mediocre, di interpreti nevrastenici e screanzati. La finale di coppa Italia è un evento istituzionale, in passato anche il capo dello Stato partecipava alle premiazioni, ieri sera il presidente del Senato, Grasso, ha avuto la conferma che le volgari battaglie nelle aule politiche hanno degni eredi fuori dai Palazzi. Perché è venuto meno il senso di rispetto delle norme, dell'autorità, il senso di vergogna e la punizione, a tutti i livelli. Che c'entra Napoli-Fiorentina? C'entra come c'entra qualunque manifestazione che raccolga folla, che conceda ai gruppi, che non sono affatto marginali, di diventare protagonisti, complici gli stessi calciatori, i dirigenti e una fetta di giornalisti faziosi. Roma è spesso teatro di questi incidenti, le immagini e le notizie di ieri sera hanno fatto il giro delle redazioni in Europa, laddove il football è comunque un evento socialmente importante. Lo aveva ricordato anche papa Francesco, venerdì, ricevendo in Vaticano, le due squadre finaliste. Nemmeno Bergoglio riuscirebbe a convincere la marmaglia che okkupa i nostri stadi. E' una resa? No, però la commedia di ieri sera, la sfilata delle facce di bronzo in tribuna autorità, alcune sorridenti come ebeti in paradiso, i cori volgari, ribadiscono che non c'è limite all'idiozia. Ma oggi si gioca ancora, di nuovo. E domani, e dopodomani.

Viva l'Italia.

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