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Riforma del lavoro La Fornero ha fretta: addio mobilità dal 2015

Il ministro alle parti sociali: il nuovo ammortizzatore è un assegno da 1.200 euro lordi. E vuol chiudere in una settimana. Intanto la Fiom perde l'ala moderata

Riforma del lavoro La Fornero ha fretta:  addio mobilità dal 2015

Roma - Scompare la mobilità, arriva un sussidio di disoccupazione più ampio, nuovo nella durata, nella platea degli interessati e anche nel nome. Si chiamerà assicurazione sociale per l’impiego. La novità dell’incontro di ieri tra il ministro del Lavoro Elsa Fornero e le parti sociali non è stato l’annuncio della copertura dei nuovi ammortizzatori. «Il governo è impegnato a cercarla e le risorse non saranno sottratte al welfare», si è limitata a dire Fornero.
Problema rinviato. La riforma degli ammortizzatori sociali entrerà a regime a partire dal 2015. Strettissimi i termini per trovare l’intesa tra governo, sindacati e associazioni datoriali. «Il premier Monti e il ministro intendono chiudere tra il 21 e il 23 marzo», ha annunciato il ministro. Incontro clou, lunedì prossimo quando al tavolo ci sarà anche il premier Mario Monti e quindi tutti i capitoli dovranno essere chiusi, in un modo o nell’altro. Compreso l’articolo 18. Sfida difficile visto che i sindacati, la Cgil, ma anche la Cisl di Raffaele Bonanni, non hanno apprezzato le novità di ieri.
Fornero ha descritto come funzioneranno i nuovi ammortizzatori, cioè le misure di sostegno destinate a chi perde il lavoro. La novità è appunto il nuovo ammortizzatore. Sostituirà gran parte della vecchia disoccupazione e anche l’indennità di mobilità. Sarà allargata la platea di chi potrà beneficiarne. Ci sono ad esempio gli apprendisti, i collaboratori a progetto che ora sono parzialmente coperti dagli ammortizzatori in deroga, destinati a scomparire. Compresi anche i contratti a termine del pubblico impiego.
I requisiti per accedere all’assicurazione saranno: due anni di anzianità e almeno 52 settimane nell’ultimo biennio. L’assicurazione durerà meno rispetto alla indennità di mobilità. Fino a 12 mesi, 15 per i lavoratori sopra i 58 anni. L’importo è invece mediamente più alto del vecchio ammortizzatore: circa 1.100 euro, con un abbattimento del 15% per i primi sei mesi e di un ulteriore 15% dopo altri sei. L’aliquota contributiva sarà dell’1,3%, incrementata di 1,4% per i lavoratori non a tempo indeterminato. In sostanza il lavoro a tempo diventa più costoso per il datore.
Non scompare del tutto la cassa integrazione straordinaria, quella che le aziende attivano in caso di ristrutturazioni. Ma non potrà essere utilizzata per la cessazione di attività. Invariata anche la cassa ordinaria, quella che serve alle aziende per periodi limitati di tempo, ad esempio quando calano gli ordini.
Tiepidi i sindacati, compresa la Cisl. «L’eliminazione della mobilità, con l’innalzamento dell’età pensionabile e una crisi così forte può determinare un’ecatombe sociale», ha commentato il segretario generale Raffaele Bonanni. Susanna Camusso, segretario della Cgil, punta il dito sul nodo risorse. C’è «solo una diversa redistribuzione di quelle esistenti. E questo - ha sottolineato - vuole dire che si riduce la copertura per chi ce l’ha». Quindi: «Un passo indietro». Più ottimista Luigi Angeletti, leader della Uil che però chiede chiarezza sui costi. Serve sapere «su quali basi sono sta fatte valutazioni circa i costi del sistema degli ammortizzatori a regime».
Dubbi anche da Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. In questo caso riguardano il periodo di transizione: «Dovremo gestire delle ristrutturazioni complesse.

Abbiamo invitato il ministro a rivedere la sua posizione perché abbiamo bisogno di un tempo più lungo».

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