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Rimborsi, sventata trappola anti Pdl

Trovato l'accordo: addio al finanziamento pubblico. Sventata la trappola anti Pdl nella bozza di legge sui rimborsi

Rimborsi, sventata trappola anti Pdl

Roma - Una corsa contro il tempo. Una sequenza serrata di riunioni tecniche. La mediazione tra il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, quello dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, e il ministero dell'Economia. Il tutto per arrivare a un obiettivo: portare al Consiglio dei ministri di oggi il ddl per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, provvedimento simbolo del nuovo corso della politica in tempi di austerità, punto qualificante su cui i principali azionisti del governo hanno deciso di metterci la faccia.
La giornata, in realtà, si apre con un giallo. Spunta, infatti, una bozza di provenienza governativa che fa correre qualche brivido sulla schiena dei partiti di maggioranza. Una prima stesura che impone precondizioni rigide per avere accesso allo spettro delle detrazioni previste dalla nuova norma. Una sorta di riproposizione della proposta Finocchiaro-Zanda per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, con il rischio di escludere dalla competizione elettorale i partiti privi di sufficiente democrazia interna e aprire un nuovo fronte con il Movimento 5 Stelle e, sussurra qualcuno, anche con lo stesso Pdl.
Questo testo, però, viene emendato e corretto mano a mano che la materia passa a un livello politico si arriva a previsioni decisamente più blande. L'impianto che verrà portato questa mattina in Consiglio dei ministri parte da una filosofia di fondo: il finanziamento ai partiti dovrà essere quasi totalmente su base volontaria e non ci dovrà più essere il meccanismo di «sostituzione» da parte dello Stato, anche se questa transizione dovrà avvenire in maniera graduale in modo da non provocare licenziamenti di massa ai danni del personale dei partiti. Quindi il sistema attuale con i rimborsi automatici legati ai voti e al numero degli eletti verrà cancellato. I cittadini potranno contribuire attraverso donazioni dirette ai partiti, potendo usufruire di detrazioni con percentuali che varieranno a seconda dell'entità della cifra donata, in uno spettro compreso tra il 24 e il 50%. L'altra possibilità sarà quella del meccanismo del «per mille», ovvero il versamento di una quota di imposta ricavata dall'Irpef, destinata alla politica. La quota del gettito fiscale dovrebbe essere dell'1 o del 2 per mille. Il disegno di legge prevederà anche l'erogazione di servizi, sedi o spazi televisivi direttamente da parte dello Stato in modo da ridurre al minimo il passaggio di soldi con destinazione incerta e minimizzare i rischi di appropriazione o destinazione indebita. Resta da verificare se si deciderà di conservare una piccola quota di rimborsi «di garanzia» oppure se si procederà all'abbattimento totale. È probabile che questa opzione non entrerà nel provvedimento base ma verrà portata in Consiglio dei ministri attraverso una norma stralcio, ovvero come una sorta di nota a margine di cui si discuterà direttamente durante la riunione dell'esecutivo. In ogni caso gli eventuali rimborsi potranno essere erogati solo se saranno davvero tali, ovvero solo con spese certificate e prevedendo nel dettaglio cosa (e quanto) è rimborsabile.
Il disegno di legge prevederà alcune condizioni di accesso ai benefici, in termini di trasparenza e rispetto della democrazia interna. In nessun caso, però, verrà limitata la possibilità di presentarsi al voto. Quindi Beppe Grillo non correrà alcun rischio.

Dovrà, però, dotarsi di uno statuto per poter assicurare ai suoi finanziatori la «fiscalità favorita».

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