Politica

Il ritorno del Prof indigesto per la Bocconi

In molti temono che l'ex premier voglia tornare a comandare e ricandidarsi a presidente

L'ex premier Mario Monti
L'ex premier Mario Monti

Un conto è fare il leader di un partito, tutt'altro fare il senatore del Misto. Niente vertici di partito, niente assemblee di gruppo, nessun traditore da tenere d'occhio, molto più tempo libero per occuparsi di altro fuori dal Senato. Della Bocconi, ad esempio, di cui Mario Monti è tornato a essere presidente da giugno, col trasloco da Palazzo Chigi, incarico sinora più formale che altro, avendo la testa sempre al Senato e alle turbolenze di Scelta civica, e con l'impegno poi - preso, si vocifera, per sedare i malumori del corpo accademico, con la mediazione di Piergaetano Marchetti, docente bocconiano e presidente della Fondazione Corriere della Sera - di non chiedere il rinnovo alla fine del mandato il 31 dicembre 2014. Adesso però, con le dimissioni «irrevocabili» dal gruppo al Senato e pure dal partito («Non me ne occuperò più»), le cose cambiano. E alla Bocconi non fanno festa per il Monti ritrovato, anzi.
Nei piani alti dell'università fondata da Luigi Bocconi nel 1902, l'autolicenziamento di Monti dal suo partito viene letto in un solo modo: il Prof vorrà riavere tutto il suo peso in Bocconi e magari restare in sella anche dopo la scadenza del mandato. «Finora si vedeva poco, ma adesso il problema si pone - ci racconta un importante docente economico della Bocconi, sotto anonimato - Alcuni di noi sono preoccupati che la caduta di popolarità di Monti, e la sua scarsa performance politica, si riverberi sulla Bocconi con lui presidente. Io non penso. Ma insomma c'è un dibattito molto civile tra di noi in università». Un professore di Marketing, Enrico Valdani, ha scritto una lettera di fuoco ai colleghi, ponendo nero su bianco la domanda che si fanno molti: «Un'università come la Bocconi, indipendente, laica, equidistante da tutto, può avere nei suoi organi di governo politici militanti e attivi?». Tito Boeri, docente di Economia alla Bocconi, indicato dai rumor interni come uno dei professori perplessi dal doppio ruolo di Monti (preside e capo di partito), trova invece che ora, con le dimissioni e lo status di semplice senatore a vita di Monti, la situazione si sia «semplificata» quanto agli imbarazzi in università. È così? Dalle uscite di Monti nei giorni successivi alle sue dimissioni non sembra che il senatore a vita voglia rinunciare a una militanza politica attiva (in settimana incontrerà anche il premier Letta).
Contemporaneamente, è difficile che, senza più un incarico da leader di partito, Monti rinunci ai poteri in Bocconi. Anche perché c'è un dettaglio. La Bocconi è governata da un patto di sindacato, un gruppo ristretto di persone che siedono nel consiglio della Fondazione Javotte Bocconi, vero dominus dell'ateneo. Una «cupola» (questo il soprannome) che ha potere assoluto sull'università milanese. E chi siede in quel consiglio? Proprio Mario Monti. «I consiglieri sono sette, ma quelli che contano sono quattro, tutti sopra i 70 anni: Luigi Guatri, Mario Monti, Gavino Manca e Angelo Provasoli (presidente di Rcs). Gli altri tre sono Enrico Cucchiani, da pochi giorni non più ad di Intesa San Paolo, Tancredi Bianchi e Marzio Romani. Il patto di sindacato della fondazione Bocconi nomina il consiglio dell'università e il presidente. Quindi sarà lo stesso senatore a vita Monti a nominare il proprio successore. E chi sarà? L'ex premier sponsorizza Guido Tabellini, già rettore molto apprezzato. Ma Guatri - raccontano i bocconiani - no. E anche qui la salita in politica di Monti ha avuto degli effetti negativi: «Prima non avrebbe avuto difficoltà a far prevalere la sua linea. Ma ora Monti si è molto indebolito in Bocconi, e in un braccio di ferro sulla successione è detto che abbia la meglio». Così, la soluzione di compromesso che si profila, e che non soddisfa i docenti scontenti di un presidente mezzo politico, è questa: un rinnovo della presidenza a Monti.

Sempre che non finisca col dividere la Bocconi com'è successo con Scelta civica.

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