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La rivelazione di Hillary: "Berlusconi amico leale Sulla Libia alzò la voce"

La Clinton racconta come il Cavaliere si oppose ai francesi: "Si lamentò anche per i cablo di Wikileaks e io accettai di scusarmi in pubblico"

La rivelazione di Hillary: "Berlusconi amico leale Sulla Libia alzò la voce"

Una galleria di personaggi illustri frequentati negli anni tra il 2009 e il 2013, da segretario di Stato dell'amministrazione Obama. E una quantità di aneddoti e retroscena che aiutano gli appassionati del genere «history in the making» a meglio capire certi meccanismi della politica internazionale. Meccanismi che più spesso di quanto i profani non pensino hanno a che vedere con i rapporti personali e le peculiarità individuali dei grandi del mondo, delle quali colei che è stata il braccio destro dell'uomo più potente del pianeta ha dovuto (e anche in futuro dovrà, se come sembra vorrà prendere il posto di Barack Obama) spesso tener conto.
C'è spazio anche per l'Italia e per il suo ex premier Silvio Berlusconi nel nuovo libro di Hillary Clinton Hard Choices («Scelte difficili»), appena uscito negli Stati Uniti. Un Berlusconi di cui l'ex segretario di Stato ricorda il ruolo di alleato chiave montato in collera in un paio di situazioni delicate, che richiesero il ricorso alle sue qualità diplomatiche.
L'episodio più significativo risale al marzo 2011, quando al tavolo del vertice di Parigi dedicato alla crisi libica un Berlusconi descritto come «furibondo» arrivò a minacciare di negare le basi aeree italiane, strategiche per l'attacco al Paese di Muammar Gheddafi. Era successo, ricorda Hillary Clinton, che il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva messo a conoscenza i partner presenti al summit della sua intenzione di bombardare unilateralmente la Libia, riservandosi nell'azione un ruolo di primissimo piano. Questo provocò una reazione veemente da parte del premier italiano. «Determinato e desideroso di mettersi in luce come Sarkozy - scrive l'ex segretario di Stato americano -, Berlusconi era particolarmente furibondo»: spiegò chiaramente a tutti che «esiste una convenzione informale che le vecchie potenze coloniali debbano essere leader nell'affrontare le crisi nei loro ex dominii». Nel caso della Libia ex colonia italiana, «Berlusconi sentiva che in prima linea ci dovesse essere l'Italia e non la Francia, anche per la sua posizione strategica nel Mediterraneo».
Il premier italiano arrivò dunque a minacciare l'uscita dalla coalizione e di negare le basi militari. E nel suo libro Hillary Clinton ammette che «a parte l'ego ferito, Berlusconi e altri avevano buone ragioni per essere preoccupati: senza una linea di comando e controllo chiara, tutto può sfociare in una confusione pericolosa». Chissà se dietro queste parole non si celi una sia pur velata critica alle scelte iperprudenti di Obama in quell'occasione.
Molto interessante anche il ricordo di quanto era avvenuto al vertice Osce in Kazakistan nel dicembre 2010. Berlusconi vi era arrivato arrabbiato ma soprattutto amareggiato dopo che alcune comunicazioni riservate di diplomatici americani poco lusinghiere per lui erano state rese pubbliche con il caso Wikileaks. «Berlusconi era particolarmente agitato - scrive la Clinton -: “Perché dite queste cose di me?, mi diceva. L'America non ha miglior alleato e io ti conosco, conosco la tua famiglia”». L'ex segretario di Stato ricorda che Berlusconi «si lanciò in un appassionato racconto di quando suo padre lo portava a visitare i cimiteri dei soldati Usa che si erano sacrificati per l'Italia.

Nonostante le sue manie, amava davvero l'America, era un alleato chiave e feci di tutto per ristabilire fiducia e rispetto, anche con pubbliche scuse».

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