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La rivolta di 70 senatori Pd: caro Epifani, basta autogol

La rivolta di 70 senatori Pd: caro Epifani, basta autogol

Tutti che scrivono a tutti: nel Pd in subbuglio si è scatenata la grafomania, e dirigenti e parlamentari si sfogano, si accapigliano o si difendono per via epistolare.
Scrivono i capigruppo Zanda e Speranza («Cari democratici, care democratiche»), per tentare di giustificare agli occhi della base in subbuglio il pasticcio del voto sul rinvio - del tutto simbolico, ieri mattina già di votava a pieno regime - dei lavori parlamentari, e per spiegare che giammai si trattò di una concessione al Cavaliere: «Bugie e falsità». Scrivono alcuni «dissidenti» da quel voto, per lamentarsi con la maestra (Epifani) degli epiteti poco cortesi rivolti loro dai colleghi («Orfini ci ha detto merde»). E a fine giornata scrivono ben 70 senatori di diverse correnti, per denunciare la mancanza di una solida gestione politica del rapporto tra Pd e governo. Prendendosi la benedizione di Epifani: «I settanta hanno ragione», dice il segretario. Che però contemporaneamente incontra Vendola e assicura: «Siamo pronti a tutto», anche alla crisi. «Appare in gran parte incomprensibile - sottolineano i firmatari Pd, dal renziano Tonini al bersaniano Gotor, la franceschiniana Puglisi, il dalemiano Esposito - l'occasione che sta perdendo il partito di spiegare e valorizzare le sue scelte. Piacerebbe vedere uno scatto d'orgoglio da parte del Pd e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese. A cominciare dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima». Un governo, sottolineano i firmatari, che certo impone una scomoda alleanza con l'avversario di sempre, ma che resta «la miglior scelta che si possa fare date le circostanze», e non ha alternative: «È demagogico invocare il ritorno alle urne, tutti sappiamo che il Porcellum ci restituirebbe un Parlamento altrettanto ingovernabile». Una risposta indiretta anche a chi, ala bersaniana in testa, ipotizza che lo stesso premier Letta possa far saltare il governo con il Cavaliere per portare il paese alle urne. E a chi negli ultimi giorni ha ripreso a favoleggiare di una futura spaccatura nel M5S che potrebbe portare alla nascita di una nuova maggioranza, senza Pdl e con i dissidenti grillini. «Un'ipotesi che non esiste e che non avrebbe mai i numeri», dice Francesco Russo, il promotore del documento. E non a caso vicinissimo ad Enrico Letta e assai irritato per il caos, le spaccature e «gli eccessi demagogici e strumentali di alcuni dei nostri» seguiti al voto sulla sospensione dei lavori d'aula. «Il Pd deve mostrarsi un po' più coraggioso e orgoglioso - spiega Russo, che in pochi minuti ha raccolto le firme di tre quarti del gruppo - e dire che ci siamo presi la responsabilità di sostenere questo governo con il Pdl, anche se a volte non ci piacciono certi suoi toni e forzature, perché è necessario al paese.

E che dobbiamo smetterla di comportarci come se ci vergognassimo o volessimo nascondere che questo è anche il nostro governo».

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