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Un rudere da tre milioni. E dopo nove anni indagano i magistrati

Doveva ospitare una scuola, oggi è abitato dai rom. E l'amministrazione paga 39mila euro l'anno di Ici

Un rudere da tre milioni. E dopo nove anni indagano i magistrati

Uno scandalo lungo nove anni. Un edificio comprato dalla Provincia di Napoli nel 2003 per 3 milioni e 245mila euro. Doveva essere la sede di una scuola, è un relitto abbandonato, come una nave in disarmo, frequentato solo dai rom. E l'amministrazione, beffa finale, paga anche l'Ici: 39mila euro ogni dodici mesi.

Si chiama Villa Tropeano il palazzo della vergogna. Una costruzione dei primi del Novecento nella periferia difficile di Ponticelli. Nel 2003 la giunta di sinistra, guidata dal verde Dino Di Palma, decide di comprarla. In realtà il palazzo cade a pezzi, le erbacce si sono mangiate la pietra e, come se non bastasse, si viene a sapere che un quinto circa della costruzione, circa mille metri quadrati, è pure abusivo. Non importa. La giunta è convinta che l'operazione sia un affare e già immagina la villa come un gioiello da lucidare ed esporre in vetrina. Del resto il sacro furore ha una sua ragione: la Provincia di Napoli spende cifre ingenti per pagare gli affitti dei vari edifici scolastici sparsi a Napoli e hinterland. Meglio comprare, restaurare e gestire direttamente senza dover dipendere dal canone.

In realtà, le prime perizie sono un campanello d'allarme: le condizioni del palazzo sono spaventose e il primo sopralluogo si blocca davanti alle stanze inagibili e pericolanti. Chiunque si arrenderebbe, non la giunta Di Palma che insiste. E stacca l'assegno.

A questo punto il presunto gioiello si rivela per quel che è: una patacca. Anzi, una palla al piede per l'amministrazione che non sa a che santo votarsi.

L'edificio scolastico, con l'idea annessa e nobile di abbattere i costi, scompare rapidamente dai radar. Nel 2009 Di Palma cambia le carte sul tavolo e immagina un futuro diverso ma suggestivo: Villa Tropeano potrebbe diventare, nientemeno, la sede prestigiosa di un «centro di sviluppo di programmi nel campo delle arti cinematografiche e musicologiche». Definizione altisonante per incartare il nulla. In ogni caso, una via d'uscita, un rimedio all'idea folle di un acquisto senza capo né coda. Ma anche questa volta non succede nulla, l'edificio è sempre più disastrato, e le foto impietose fanno pensare alle suggestioni delle rovine disegnate da Piranesi. L'amministrazione, che intanto è costretta a pagare l'Ici, tenta la carta di uno studio di fattibilità che costa altri 170mila euro e taglia le gambe a qualunque ipotesi: per ristrutturare quello che assomiglia sempre più a un rudere ci vorrebbero 39 milioni di euro. Una cifra improponibile. Risultato? La paralisi assoluta. Villa Tropeano non vede uno studente che sia uno e nemmeno un aspirante regista ma, malinconico declino, solo famiglie di rom pronte a insediarsi fra le rovine.

Nel 2011 la nuova giunta di centrodestra scopre il guaio. Sono passati otto anni e l'amministrazione ha speso più di 3 milioni e mezzo. Altro che spending review. Un consigliere del Pd, Massimo Cilenti, va in archivio e cerca le carte dell'epoca: incredibile ma non si riesce nemmeno a sapere il nome di chi firmò a suo tempo l'emendamento per l'acquisto. Le carte finiscono in Procura e alla Corte dei conti. Tutti i progetti, in una girandola di sprechi, si scontrano con la realtà. Macerie. Solo macerie. Oggi il sogno, che in realtà non c'è mai stato, è svanito. E l'obiettivo, previo parere della sovrintendenza, è di vendere quel che non si doveva comprare.

Ma sarà difficile trovare qualcuno disposto a mettere mano al portafoglio.

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