Politica

È scontro sull'applauso Poliziotti contro poliziotti

RomaLa chiamano «operazione verità». E non solo per il caso Aldrovandi per il quale invocano, a nome dei colleghi coinvolti, un procedimento di revisione del processo nella convinzione che gli agenti siano stati condannati ingiustamente per la morte dello studente ferrarese scomparso nel 2005. I poliziotti sono stanchi di sentirsi del mirino, bersagliati da un'opinione pubblica sempre loro ostile. Vogliono pagare quando sbagliano, ma non essere sempre e comunque un bersaglio solo in virtù della divisa che indossano.
Sono stanchi di essere vittime di campagne mediatiche spesso violentissime, che talvolta avrebbero addirittura condizionato i pronunciamenti dei giudici. Ne è convinto il neosegretario del Sap Gianni Tonelli, che sta lavorando ad un sito internet dove mettere on line tutti gli atti processuali non solo del caso Aldrovandi, ma di tutte quelle vicende in cui i poliziotti sarebbero stati coinvolti ingiustamente. «Per confrontare menzogna e verità - dice il sindacalista - Non vogliamo difendere a priori i colleghi, ma raccogliere le loro segnalazioni, approfondire i fatti per inserirli nel sito così come vengono raccontati dalle carte processuali». Perché le cronache sono piene di storie con protagonisti agenti finiti troppo in fretta nel tritacarne. Con tutto ciò che comporta: la gogna mediatica, le indagini, la sospensione dal servizio. E poi il processo. Che spesso finisce in una bolla di sapone, come dimostra una vecchia statistica del dipartimento di polizia in base alla quale su 1.300 procedimenti con agenti indagati o imputati il 95 per cento è finito con l'archiviazione o l'assoluzione. «Il nostro è un lavoro esposto alla denuncia, non è normale però che non ci siano sistemi per fare chiarezza immediatamente», dice Franco Maccari, segretario generale del Coisp. È facile per un agente ritrovarsi nei guai mentre indossa la divisa. Accade nelle manifestazioni, ma anche durante altri servizi. Nella memoria di chi è abituato a lavorare di notte, in strada, a contatto con delinquenti, spacciatori e rapinatori, si rintracciano decine di casi. Come quello di un poliziotto veneziano incaricato di accompagnare una prostituta al confine, a Trieste, la quale poco prima di essere espatriata si è ricordata che anni addietro proprio quell'agente aveva preteso da lei delle prestazioni sessuali. «Dopo la sua denuncia - racconta Maccari - il collega è rimasto indagato per 5 anni e la donna ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Poi è arrivata l'assoluzione». Tonelli racconta della bufera che si è scatenata sulla polizia a Terni quando un agente è stato accusato di aver dato una manganellata in testa al sindaco durante un corteo. Peccato che le telecamere abbiano poi dimostrato che a colpirlo sia stata l'ombrellata di un amico. E poi tutte quelle manifestazioni, come l'ultima di Roma, in cui si parla solo delle cariche della polizia, non di quello che le ha scatenate. La stessa cosa che accade in Val di Susa con i No Tav. Per questo il Sap vorrebbe che sui caschi dei poliziotti venissero installate delle videocamere che certifichino in maniera inequivocabile l'accaduto. Per il momento in Emilia Romagna il sindacato ha dotato 800 agenti di una spypen, un piccola penna da tenere in tasca in grado di fare registrazioni audio e video. L'obiettivo è quello di fornirla a tutti gli agenti che si occupano di ordine pubblico in modo da rendere più difficili le denunce infondate. Perché oltre ai casi mediatici, come quello di Federico Aldrovandi e di Giuseppe Uva, morto dopo una notte in caserma, ce ne sono decine di altri noti solo alle cronache locali. Ne sa qualcosa quel poliziotto condannato a 2 anni e 3 mesi per falso ideologico e accompagnamento abusivo in seguito alla denuncia di un extracomunitario portato in questura per l'identificazione nonostante avesse in tasca un documento che in un primo momento non aveva mostrato. «Querelare un agente - spiega Stefano Paoloni, neo-presidente del Sap - può servire a spostare la sua posizione da testimone a imputato.

Sarà un caso che da quando in qualche camera di sicurezza sono state installate le telecamere sono crollati i casi di autolesionismo».

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