Politica

Scuola e primi lavori: Silvio racconta i suoi segreti

L’intervista di due ore e mezzo con Sallusti diventa l’occasione per rivelare aneddoti sulla sua vita e conquistare i lettori in crociera

Bari - La chiave per capire il clima che si stabilisce fra il palco e la pla­tea del teatro della Msc Divina è il racconto di Berlusconi del silenzio dopo l'addio a Palazzo Chigi e la scelta di rompere quel silenzio pro­prio con i lettori del Giornale , dopo mesi passati a smentire frasi che gli venivano attribuite con virgoletta­ti­destinati a titoli a caratteri cubita­li, «che spesso non avevo mai non solo detto, ma nemmeno pensa­to ». «Per un po' ho mandato comu­nicati di smentita, poi dopo che ne ho fatti ventidue e nessuno li pren­deva in considerazione, ci ho ri­nunciato ». «Insomma, quando ho deciso di parlare per davvero, ho scelto di farlo con persone che la pensano come me e fedeli alle idee per le quali è nato il Giornale . Lodo­vevo a voi e vi ringrazio perché so­no felice di essere qui, anche se mi avete fatto fare più di cento foto ieri sera...».

Berlusconi sta parlando da qua­si due ore e mezzo, eppure nessu­no reclama per il pranzo che slitta. Perché era questo che volevano sentirsi dire, prima ancora della do­manda sulla candidatura o meno a Palazzo Chigi. «Perché oggi è un giorno speciale» dice Berlusconi, ricordando gli ultimi vent'anni di impegno del Giornale fuori dal co­ro dei giornaloni cingolati, ma an­che ricordando i primi venti, «con Indro». Così, sfidando i morsi della fame, tanti lettori dal primo nume­ro si fermano a parlare anche dopo l'incontro, apprezzano e applau­dono, per oggi e per ieri. Oreste Ric­ci, di Roma, non ha ancora supera­to l'amarezza per «il tradimento del signore di Montecarlo»; Narcy Sartorelli, bresciana di talento, è ra­pita: «Con tutto quello che gli han­no fatto, è incredibile la forza che ha ancora», altri sono ultrà berlu­sconiani persino per la scelta dei vocaboli di questi più di centocin­quanta minuti di conversazione: «Non ho mai sentito un politico fa­re una scelta migliore di aggettivi e sostantivi», dice un'insegnante in pensione che fa capire che lei lo promuovereb­be subito. Persino un gruppo di turchi si in­trufola e apprezza.

E lui, il Cav, fa di tutto per meritarsela questa promozione. Anche e soprattutto nel raccon­to di se stesso, travol­gendo Alessandro Sal­lusti di ricordi e aned­doti: «Da bambino an­davo nei mercati vici­no a casa mia il martedì e il sabato, raccoglien­do i fogli di carta gialla che si usava­no allora, li portavo a casa, li bagna­vo nella vasca, poi li asciugavo e li vendevo per accendere le stufe». Il passaggio successivo sono state le fotografie: «Facevo gli album com­pleti dei funerali, poi sono stato promosso ai matrimoni». Lo rac­conta con orgoglio, «perché erano anni in cui la carne non si mangia­va quasi mai. Andavo a fare la spe­sa e bucavo la bottiglia del latte del­la Centrale di Milano, bevendone un po’, e poi allungavo con acqua per non farmene accorgere». Op­pure, «quando andavo a comprare chili di mais e li portavo a casa a pie­di, dando a una vecchietta bisogno­sa i soldi che la mamma mi aveva dato per il tram». Berlusconi, che è Berlusconi in tutto e per tutto, non risparmia nulla sulle sue doti, sen­za modestia: «Ero messo davvero bene, anche a torso nudo». E poi: «All'università inanellavo 110 e lo­de ». Poi capisce che è troppo e cor­regge immediatamente: «Trenta e lode». Mica finita: «Correvo i cento metri in undici secondi e tre».E infi­ne: «Quando cantavo a Parigi con lo pseudonimo di Dani Daniel, Le Figaro scrisse che davo particolare espressione alle parole delle can­zoni ». Ovviamente, il fatto di esse­re a bordo di una nave, lo stuzzica: «Mi imbarcavo d'estate, per porta­re a casa qualche soldo, sulle navi Costa e Grandi Viaggi. Di mattina facevo i giochi sul ponte, di pome­riggio­la guida turistica anche in cit­tà che non avevo mai visitato in vita mia, ma su cui mi preparavo sui li­bri; di sera prima cantavo nell'or­chestra jazz, poi di notte, da solista voce e chitarra, sempre Dani Da­niel. Dopo le tre, invece...».

E c'era anche Fedele Confalonieri: «Mi li­cenziò dall'orchestra perché dice­va che passavo tutto il tempo a bal­lare con le ragazze. Ma non capiva che era la fortuna dell'orchestra, perché poi quando dedicavo una canzone “alla signora in sala”, al­meno in trenta pensavano che fos­se per loro...». Una volta tornati a terra, l'orche­stra chiuse, «Fedele per trovare un altro lavoro dovette andare in Liba­no » e Silvio si dedicò alle costruzio­ni con tutti i soldi della liquidazio­ne del papà, e come segretaria la fi­glia del portiere che scriveva «à tele­fonato», con l'accento. E anche qui non mancano aneddoti, da quan­do Ber­lusconi che stava tinteggian­do una palazzina a torso nudo si im­battè in clienti e si cambiò istanta­neamente con giacca e cravatta spacciandosi per il cugino dell'im­bianchino, a quando, per vendere case, ingaggiò tutti i parenti chie­dendo loro di fingersi interessati ai palazzi, per far colpo sui potenziali clienti. «Finché una cugina si mise a salutare e baciare tutti gli altri, scoprendo il gioco».

Brandelli di vi­ta, più politici della politica.

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