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"Sembra un centro sociale". Il populismo rosso del "nuovo" Pd

Un nuovo populismo rosso, destinato a incaponirsi su temi identitari, emerge dall'indirizzo politico della nuova segreteria dem. E ora, proprio sul filo della demagogia ideologica, il Pd strizza l'occhio ai grillini

"Sembra un centro sociale". Il populismo rosso del nuovo Pd

C'est fini. Nel Pd in pochi lo ammettono ma tutti (o quasi) lo pensano: la direzione impressa al partito da Elly Schlein rappresenta la fine del sogno liberaldemocratico in Italia. I nomi scelti per la nuova segreteria piddina, del resto, parlano chiaro e raccontano molto dell'impostazione ultraprogressista che la leader intende trasmettere alla propria azione. Lontano dai microfoni, alcuni esponenti dell'area riformista non nascondono un certo disappunto per la radicalità del nuovo organigramma dem. "Sembra un centro sociale...". E in effetti i profili selezionati da Schlein appaiono come l'espressione di un nuovo populismo rosso destinato a incaponirsi su temi identitari d'impronta demagogica.

Immigrazione, diritti Lgbt, ambientalismo, anti-globalismo e cultura woke sembrano i capisaldi del nuovo progetto piddino per l'Italia. Con buona pace di chi, a sinistra, si aspettava che la nuova leader riuscisse davvero ad armonizzare le varie sensibilità presenti in quell'area. Macché. I nomi selezionati hanno invece sotto-rappresentato (per non dire escluso) la compagine liberaldemocratica e quella teodem, che ora temono di essere relagate ai margini. A decidere la linea assieme a Elly saranno invece personalità di chiara impostazione progressista come Pierfrancesco Majorino, desisgnato alle politiche migratorie e al diritto alla casa. Proprio lui, che arriva da una Milano in cui l'integrazione degli stranieri è un miraggio, come purtoppo dimostrano anche alcuni recenti episodi di criminalità e di degrado sociale.

Ma anche il tema dei diritti (affidato ad Alessandro Zan) e quello della transizione green (di cui si occuperà l'ecologista Annalisa Corrado) si apprestano a essere affrontati con un'impostazione che si preannuncia radicale. E così gli esteri, l'economia, la cultura, la legalità e la scuola. Nel nuovo Pd "da centro sociale" il rischio concreto è insomma quello di un populismo che trasformi alcune istanze settarie e ideologiche in priorità per il Paese, soprattutto rispetto a materie che richiederebbero invece pragmatismo, condivisione d'intenti e lungimiranza. Un assaggio di questo approccio deleterio lo abbiamo già avuto nelle prime settimane della segreteria Schlein, nel corso delle quali il Pd si è ritrovato a parlare di anti-fascismo, di famiglie arcobaleno, di sostegno alle Ong (in chiave anti-Meloni) e salario minimo. Ma anche di patrimoniale, con la benedizione di Carlo De Benedetti, grande tifoso (ma dalla Svizzera) di quel provvedimento.

L'infornata nella segreteria Pd di personalità provenienti dalla sinistra più oltranzista ha così spostato il baricentro del partito in quella direzione, forse anche nel tentativo di attirare parte dell'elettorato grillino a suon di proposte demagogiche. Tra i pentastellati, infatti, in molti ora guardano con interesse a Elly Schlein e alle sue mosse. Più che comprensibile: il comune denominatore del populismo può rivelarsi un forte collante.

Al contempo, tuttavia, quell'elemento sta respingendo quanti speravano in un'opposizione ben diversa da quella che sta prendendo forma.

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