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"Una truffa", Magistratura Democratica si oppone ancora alla separazione delle carriere

Magistratura democratica contro la separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti. "Sconvolge l'equilibrio tra i poteri dello Stato". Poi le critiche al presidenzialismo

"Una truffa", Magistratura Democratica si oppone alla separazione delle carriere

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Separazione delle carriere, Md si oppone ancora: "Una truffa"

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La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti? Un provvedimento necessario e auspicabile, ma non secondo Magistratura democratica. L'associazione di sensibilità progressista ha infatti ribadito il proprio no a una riforma che eminenti giuristi ritengono indifferibile ma che tuttavia continua a incontrare forti resistenze da sinistra. "Si tratta di una truffa delle etichette, giacché l'esito dei proponenti è quello di sconvolgere l'equilibrio tra i poteri dello Stato, riducendo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura tutta", ha contestato il segretario di Magistratura democratica, Stefano Musolino, in una relazione pubblicata online. Eppure la ratio del provvedimento sarebbe - al contrario - proprio quella di migliorare e rendere più indipendente l'apparato giudiziario, evitando potenziali storture.

Come sintetizzato in tempi non sospetti da Francesco Greco, presidente del Consiglio Nazionale Forense, se si vuole attuare il principio costituzionale del giusto processo, "separare le due funzioni è indispensabile, perché altrimenti è come se l'arbitro di una partita di calcio appartenesse a una delle due squadre che si sfidano in campo". Chi contesta questa riforma, come appunto Magistratura democratica, ritiene invece che una separazione tra le due funzioni rischierebbe di assoggettare le toghe al potere esecutivo. Altrettanti esperti e giuristi hanno però argomentato l'infondatezza di tali preoccupazioni, puntanto piuttosto l'attenzione su ben altre anomalie legate all'attuale status quo.

"Nei sistemi democratici più avanzati c'è separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e inquirente. È nelle dittature che chi giudica e chi accusa appartengono allo stesso soggetto. Oggi, in Italia, il processo si celebra tra due colleghi e un estraneo: i due colleghi sono il giudice e il pm, l'estraneo è l'avvocato difensore", aveva spiegato al riguardo il presidente del Consiglio nazionale forense, lamentando poi: "Sappiamo che pubblici ministeri e magistrati hanno rapporti di colleganza, per cui si frequentano anche al di là delle aule di giustizia, questo certamente non può perseguire quel principio del giusto processo che invece è fondamentale".

Magistratura democratica, tuttavia, ancora oggi dice niet. Nessuna riforma in tal senso. Ma anche nessuna riforma sul presidenzialismo all'italiana. Nella propria relazione, il presidente dell'associazione ha infatti attaccato nel merito: "Ne esce chiaramente un disegno istituzionale nel quale un insieme impressionante di poteri si concentrano in poche persone, senza che la magistratura sia chiamata ad esercitare la sua funzione di tutela dei diritti fondamentali". Musolino ha inoltre richiamato le polemiche sulle decisioni della giudice di Catania Iolanda Apostolico, parlando di "un'aggressione alla persona del giudice, piuttosto che una critica al suo provvedimento".

"A lungo presentata come una questione legata all'imparzialità della giudice, quell'aggressione intimidente sta lentamente palesando il reale obiettivo di chi la ha agitata: l'interpretazione sgradita della norma", ha contestato Musolino, sostenendo che "dietro l'aggressione alla persona della singola giudice, dunque, si cela l'intimidazione più generale all'uso di un metodo interpretativo, perchè la sua applicazione rende la magistratura un concreto antagonista alle spinte sovraniste ambite dal Legislatore".

Già nelle scorse settimane, i giudici - attraverso l'Anm e la stessa Magistratura democratica - avevano fatto quadrato attorno alla collega, parlando di "campagna di denigrazione e caccia all'uomo".

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