Politica

Da sindacati e Confindustria fuoco incrociato sul premier

Renzi non convoca le parti sociali prima di varare le misure su lavoro e tasse e loro protestano. Camusso minaccia scioperi: l'esecutivo ignora chi ha già pagato per la crisi

Da sindacati e Confindustria fuoco incrociato sul premier

Roma - La concertazione va in soffitta. Alla vigilia di un Consiglio dei ministri molto atteso per le decisioni in tema di lavoro, fisco e politica economica, non ci sono incontri in vista fra governo, sindacati e imprese. Che Matteo Renzi voglia chiudere con i riti del passato è notorio. Bisogna capire se Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sono d'accordo nell'essere rottamati: perché, se finisce la loro funzione di rappresentanza presso il potere politico, potrebbero chiudere baracca e burattini anche domani.
E così, sindacati e Confindustria muovono le loro pedine. I primi alla luce del sole, con Susanna Camusso e Raffaele Bonanni che attaccano apertamente il premier. La leader della Cgil ci mette il carico da 90, e avverte che se si tolgono risorse ai lavoratori «arriverà la risposta», cioè lo sciopero. Renzi, aggiunge, «pare disinteressato alla parte del Paese che ha già pagato un prezzo altissimo per questa crisi. Quella parte del Paese sta guardando ai suoi tanti annunci e alla sua coerenza».
«Renzi farebbe bene a non stare sopra le righe, finora ha creato problemi e divisioni», fa eco il segretario della Cisl. Ai piani alti dei sindacati, e non soltanto della Cgil, non è piaciuto per niente quel filo diretto fra Renzi e il segretario dei metalmeccanici Fiom-Cgil, Maurizio Landini. Il premier, che sa poco di politica economica ma che è un giovane maestro di politica politicante, si è inserito come un cuneo (non fiscale) nelle tensioni interne pre-congressuali della Cgil, mettendo in difficoltà la Camusso. Non è una mossa priva di rischi: Landini rappresenta l'ala più estremista e anti-industriale dell'intero movimento sindacale. Ma anche il leader della Fiom si sta accorgendo che la tresca potrebbe farsi pericolosa. Perciò frena, e avverte il presidente del Consiglio di pensare al da farsi e non alle dinamiche interne della Cgil.
Gli imprenditori, per il momento, appaiono più cauti. Hanno soppesato parola per parola le ultime uscite del premier, e non vi hanno ravvisato un qualcosa che faccia pensare a una manovra fiscale spostata totalmente dalla parte dei dipendenti. Dunque, sperano ancora in un taglio, seppur parziale, della componente lavoro dell'Irap. La situazione dell'economia italiana è ancora molto incerta: proprio ieri la Confindustria ha stimato un calo della produzione industriale in febbraio, dopo il rimbalzo di gennaio. È in gioco il futuro di molte imprese, e le ultime frasi di Renzi («non penso a Confindustria e sindacati, ma alle famiglie») preoccupano. Una manovra fiscale concentrata sull'Irpef deluderebbe, e non poco, gli imprenditori. Se così sarà, avranno modo di far pesare nei prossimi giorni la loro potenza di fuoco.
Le indiscrezioni delle ultime ore indicano un premier propenso a privilegiare la riduzione dell'Irpef, a vantaggio dei dipendenti, piuttosto che il taglio dell'Irap, che sarebbe più utile ai datori di lavoro. È la strada preferita dai sindacati. Bonanni, che è un volpone, osserva che «Renzi parla, ma alla fine fa quello che gli suggeriamo noi». «Capisco che Renzi abbia una visione calcistica del mondo - dice la Camusso, riferendosi alla frase del premier sul derby fra Irap e Irpef - ma il mondo non è fatto di derby. Per far ripartire i consumi e l'economia bisogna ridare potere d'acquisto a chi lo ha perso, lavoratori e pensionati».

Il rito della concertazione è stato accantonato, ma forse Renzi non può ancora fare a meno dei sindacati.

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