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La sinistra rubava sul terremoto. Lascia il vicesindaco dell'Aquila

Subito dopo il sisma contestarono Berlusconi e Bertolaso, accusati di speculare sul dramma. Ora la cerchia del sindaco Pd Cialente è sotto inchiesta per mazzette

La sinistra rubava sul terremoto. Lascia il vicesindaco dell'Aquila

Prendiamone atto: nel panorama della distillazione spunta una novità. Oltre alla grappa giovane, alla grappa affinata, alla grappa aromatica è entrata ufficialmente in commercio (un commercio sottobanco, intendiamoci) la grappa «mazzettata». Una bottiglia di grappa, cioè, impreziosita da una tangente di diecimila euro. Esattamente quanto sarebbe arrivato a casa del vicesindaco dell'Aquila, Roberto Riga, a leggere quanto scrive il gip Romano Gargarella, nella sua ordinanza.

Un Riga che, nella «gran confusione», legata alla ricostruzione post terremoto, avvenuto nel 2009, nel capoluogo abruzzese, avrebbe ricevuto una tangente di 10mila euro, nascosta dentro un pacco dono con una confezione di grappa, in cambio del suo interessamento per far vincere un appalto. Guardate che cosa va a capitare proprio nei salotti e nelle stanze dalla specchiata e sbandierata onestà. Proprio in casa Pd. Nelle stesse stanze da dove, fin da subito, fin dai primi mesi della ricostruzione e poi ancora, prima, durante e dopo i «giorni delle carriole e degli scarriolanti» (ricordate le proteste per entrare nella zona rossa e caricare simbolicamente le macerie?) si lanciavano accuse, insulti e sputi contro Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Guido Bertolaso. E persino contro l'avvocato Ghedini, accolto così, durante una sua semplice e innocua comparsata.

«È stato un fulmine a ciel sereno, mi sento fortemente tradito» si è affrettato a dichiarare, ieri, con aria contrita, il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, commentando quella che è stata soprannominata l'inchiesta «Do ut Des» sulle presunte tangenti negli appalti per la ricostruzione avviata il 6 aprile 2009. E ha ragione a sentirsi tradito quel Cialente che, con il Cavaliere non è mai stato tenero fin dai loro primi incontri, perché fra gli altri accusati c'è anche Vladimiro Placidi, 57 anni, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali dopo il terremoto nel primo mandato del sindaco, nonché direttore del consorzio dei Beni culturali della Provincia dell'Aquila. «Mi tiro da parte come vice sindaco e assessore perché vorrei lasciare tranquilla l'amministrazione comunale, il sindaco e la giunta senza avere dubbi sulla propria attività», ha invece dichiarato Roberto Riga, (ex Api poi confluito in area Pd) che fino a poche settimane fa aveva anche la delega alla Protezione civile e che, all'epoca dei fatti, era assessore all'Urbanistica. Le accuse, mosse contro otto persone, tra indagati e arrestati (le indagini sono state portate avanti dalla Squadra mobile guidata da Maurilio Grasso, figlio di Pietro) sono eloquenti: millantato credito, corruzione, falsità materiale ed ideologica, appropriazione indebita. Mentre 13 sono le perquisizioni, in alcune ditte, abitazioni private e dentro gli uffici del Comune dell'Aquila, scattate ieri nelle prime ore della mattina.

Eppure dalle oneste sponde del Pd c'era chi, come la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, che ora siede in Parlamento, tuonava che: «Per rispetto della nostra gente, il problema va affrontato in fretta, consapevoli che le macerie possono costituire fonte di reddito per la nostra terra, non per gli speculatori». Pensate un po'. Una presidente tutto d'un pezzo, appunto, che anche recentemente, dopo aver preconizzato la decadenza di Berlusconi, ha brillato per la sua ironia invitandolo a scontare l'eventuale anno di pena nel cratere sismico «per svolgere attività di utilità sociale a favore della ricostruzione post-sisma in particolare nella gestione e manutenzione dei progetti case così constaterebbe in prima persona il miracolo aquilano». Ma gli insulti, macerie o no, non sono mai mancati contro Berlusconi e i suoi uomini. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta venne accolto da un simpatico coro: «Letta vedi de jittene», persino durante la cerimonia religiosa in onore di San Pietro Celestino, in Piazza Duomo. E il popolo delle carriole, con un gruppo di rappresentanti dei comitati cittadini srotolò gli striscioni con parole grevi, al passaggio di Berlusconi anche quando giunse all'Aquila per consegnare le onorificenze di protezione civile. Mentre Bertolaso, insultato a intermittenza, fu accolto davanti alla basilica di Collemaggio da un drappello di contestatori armati di striscioni e pistole ad acqua. «Per rinfrescargli le idee», dissero.

Ma, intanto qualcuno all'Aquila le idee le aveva già chiarissime.

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