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La sinistra si inventa la "cittadinanza civica" per gli immigrati

La sinistra in Consiglio comunale a Torino modifica lo Statuto e istituisce la "cittadinanza civica" da concedere agli immigrati che abbiano completato un ciclo di studi

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Quando l’immaginazione supera l’utopia allora è un segno tangibile dello scollamento totale fra politica e realtà. Non è la prima volta che la sinistra costruisce castelli immaginari, attribuendo la priorità a temi che ai cittadini comuni interessano poco, o in maniera secondaria rispetto alle vere urgenze che incidono sulla quotidianità, sopratutto nelle nostre città. Per questo appare quanto mai fantomatico scoprire che il Consiglio comunale di Torino, città dai molti problemi in tema di sicurezza, con alcuni quartieri controllati dalla criminalità e dediti allo spaccio, occupi tre ore per discutere dello Ius Scholae. Non dell’emergenza sicurezza, visti gli ultimi dati che hanno attribuito alla Provincia di Torino il terzo posto per aumento dei reati, rendendola la meno sicura dopo Milano e Rimini, ma della “Cittadinanza civica” .

Tema importante, certo, quello dello Ius Scholae, ma non certo di competenza del Consiglio comunale del capoluogo piemontese, semmai del Parlamento italiano, anche se non è la prima volta che Torino si incarica di essere apripista come città progressista e controcorrente rispetto agli indirizzi della politica nazionale, facendo un po' un derby tutto a sinistra - come nella migliore tradizione calcistica - con la Milano di Beppe Sala.

Secondo quanto approvato dalla maggioranza di centrosinistra, tra le proteste dell’opposizione, con la modifica dello Statuto Comunale si istituisce la cosiddetta "cittadinanza civica", da concedere a tutti coloro che abbiano completato un ciclo scolastico di primo o secondo grado oppure professionale di tre anni. Quindi se ad esempio un ragazzo arrivasse in Italia all’età di tredici anni superando l’esame di terza media - completando dunque un ciclo di studi - potrebbe ottenere la fantomatica “cittadinanza civica”.

Non ha nessun tipo di valore legale, ma la maggioranza di centro sinistra rivendica come essa rappresenti “un provvedimento simbolico dalla forte valenza politica”, anche se sembra piuttosto che si tratti dell’ennesima bandierina ideologica in una fase storica delicatissima e in cui il modello del multiculturalismo non ha solo mostrato le sue crepe, ma si è dimostrato come un modello fallimentare.

Per il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Ferrante De Benedictis, che in consiglio ha avuto uno scontro durissimo con la maggioranza, si tratta di "una scelta demagogica e priva di sostanza, che intende trasformare dei migranti in cittadini concedendo loro la cittadinanza civica".

Ancora una volta prevale una visione distorta e ideologica nelle complesse politiche di integrazione, dove l’etichetta assume un valore sproporzionato rispetto alla sostanza reale del tema, e cioè la condivisione di un orizzonte culturale e valoriale espresso dalla nostra costituzione. L’integrazione è un tema che dovrebbe essere lasciato al Parlamento e all’esame attento di ogni possibile rischio e non essere utilizzato come arma politica per fare a gara a chi è più progressista.

Una simile iniziativa nel 2014 l’assunse sempre nella città sabauda l’ex sindaco Piero Fassino, che utilizzò la stessa fantomatica e immaginifica “cittadinanza civica” per i nati dopo il 17 dicembre 2012, concedendola in una cerimonia alla presenza dell’allora ministro Cécile Kyenge a ben 600 bambini.

Dopo dieci anni di governo la sinistra non è riuscita ad andare oltre il Consiglio comunale di Torino, e sopratutto davanti all’emergenza migratoria, alle problematiche in tema di sicurezza che ne derivano, e al risorgere del fondamentalismo islamico, con le città europee in fiamme, dopo nove anni l’unica cosa che riesce a realizzare è l’ennesimo spot privo di ogni fondamento tanto logico, quanto politico.

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