Politica

Le smentite che non smentiscono

Roma - Panorama lancia l'ipotesi di un ricatto al Colle, sulla graticola per le intercettazioni tra Napolitano e Mancino, e poche ore dopo già piovono le smentite. Ma di queste, molte sembrano quasi confermare il contenuto delle conversazioni private anticipate dal settimanale, ossia giudizi non lusinghieri sui pm palermitani, su Di Pietro e su Berlusconi.
Se è secca - e seccata - la reazione del Quirinale, che in una nota definisce «risibile» la «pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter ricattare il capo dello Stato», appare decisamente meno convinta la replica dell'altro protagonista della storia, Nicola Mancino. Lui, che quelle telefonate le ha fatte, e dunque sa bene che cosa s'è detto con Napolitano, parlando con il Fatto Quotidiano, ieri, ha lamentato che «gli atti dovrebbero stare secretati e non si capisce chi è che ha violato la secretazione». Un'apparente conferma del contenuto delle intercettazioni rispetto a quanto anticipato da Panorama, dunque, anche se l'ex vicepresidente del Csm tenta di dribblare una domanda specifica sul punto: «Non sono io a dover dire se corrisponde al vero o no. Non assomigliano o dissomigliano. Non scendo nel merito». Sull'ipotesi ricatto, infine, Mancino alza un muro: «Non intendo rispondere a questa domanda».

Ma soprattutto, a lasciare qualche corposo dubbio sul contenuto «inerte» di quelle intercettazioni è il capo della procura della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo. Il magistrato, che quei nastri ha sicuramente ascoltato, se da un lato sostiene che la ricostruzione del settimanale «non corrisponde al reale contenuto» delle telefonate intercettate dagli inquirenti siciliani, dall'altro conferma la possibilità di aprire un fascicolo d'indagine per fuga di notizie. E la posizione del capo della procura palermitana solleva dubbi. Delle due l'una: se è «evidente che c'è stata una rivelazione di cose coperte dal segreto istruttorio», come spiega lo stesso Messineo, com'è possibile che poi le ipotesi sui contenuti pubblicate da Panorama non siano «corrispondenti al reale contenuto»?

La contraddizione non sfugge al direttore di Panorama Giorgio Mulé («Se si apre un'inchiesta su presunte rivelazioni di segreto istruttorio è ovvio che Panorama tante cose false non può averle scritte») e nemmeno all'ex sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, che parla di «poca coerenza» da parte della procura di Palermo, accusata di aver acquisito e trascritto quelle telefonate, per poi «continuare a utilizzarne il contenuto», sia pure «non processualmente».

Di fronte alle obiezioni, Messineo in serata prova ad aggiustare il tiro. Assicura che le conversazioni «non sono state trascritte» e che per «conoscerne il contenuto basta ascoltarle», poi precisa: «L'intenzione di disporre accertamenti su una possibile fuga di notizie non significa necessariamente attribuire validità alle notizie che sono state diffuse. Anche la diffusione di una notizia parziale o inesatta rende ipotizzabile che vengano disposti accertamenti in questo senso». «Parziale» o «inesatta» non vuol dire «inventata»: Panorama ha dunque centrato almeno in parte il tema trattato in quelle conversazioni tra Mancino e Napolitano? Messineo non si sbilancia, e si rifiuta di «fornire particolari sugli elementi di difformità». E anche un anonimo pm palermitano, parlando all'Ansa, commenta l'articolo di Panorama come un «collage di cose più false che vere» in cui «le date indicate non tornano», e aggiunge che il ricatto, anzi, «l'anticamera del ricatto» è proprio nella ricostruzione del settimanale.
Che almeno in parte, evidentemente, deve aver fatto centro. Quanto, però, non lo sapremo mai. Perché cessata la loro utilità «non processuale», quelle intercettazioni finiranno distrutte.

Per una volta, senza nemmeno finire sui giornali.

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