Politica

Soccorso rosso al compagno Ingroia

Quando a contestare sentenze politiche e pm incapaci era Berlusconi, chiamavano la gente in piazza a sventolare la Costituzione. Oggi che a fare la stessa cosa è l'amico Ingroia, partono in quarta a difesa del contestatore

Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"
Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"

Il presidente Napolitano ha diritto a non essere intercettato e se ciò casualmente accade la bobina va distrutta. Lo ha sta­bilito, come noto, la Corte costituziona­le, dando ragione al Quirinale nella causa con­tro la Procura di Palermo che le telefonate tra Napolitano e Mancino, in suo possesso, vole­va invece tenersele strette. Il pm Ingroia, auto­re delle intercettazioni illegali, ha commenta­to, sconfitto: si tratta di una sentenza politica. La vicenda insegna tre cose. La prima: la sentenza della Corte è la prova che i pm per in­capacità o interesse possono commettere atti contrari a legge e Costituzione. La seconda: le parole del pm Ingroia confermano che i giudi­ci p­ossono emettere sentenze su base di valu­tazioni politiche. La terza: le prese di posizio­ne, pro e contro la sentenza, dei magistrati sfa­tano il mito che le sentenze non si discutono ma si accettano. Riepiloghiamo: i pm possono sbagliare, le sentenze politiche esistono e denunciarle non è reato. Sbaglio o la Corte costituzionale e Ingroia danno ragione a Silvio Berlusconi che da vent'anni sostiene queste tesi? Come la metteranno adesso i Travaglio, i Di Pietro, le Guzzanti? Quando a contestare sentenze poli­tiche e pm incapaci era Berlusconi, chiamava­no la gente in piazza a sventolare la Costituzio­ne. Oggi, che a fare la stessa cosa è l'amico In­groia, partono in quarta a difesa del contesta­tore com­e neppure portaborse e addetti stam­pa saprebbero fare.
L'ipocrisia, come le bugie, ha le gambe cor­te. Ed è senza vergogna. Come nel caso di Di Pietro che ieri ha lanciato una raccolta di fir­me a favore di Ingroia e contro la nostra inizia­tiva di querelare il pm per le sue dichiarazioni sulla mafiosità di Forza Italia. Hanno paura, questa volta il pm siciliano amico dei comuni­sti rischia di pagare davvero e di tasca sua. La tesi di Di Pietro è la seguente: chiunque, an­che un pm, ha diritto di esprimere liberamen­te le sue idee. Giusto, ma mi chiedo: se non è diffamazione grave (e quindi da punire) soste­nere, senza prove, che Forza Italia è il partito della mafia, per quale cavolo di motivo io mi trovo agli arresti, cari buffoni?

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