Politica

Spinello libero Grazie ai giudici droga più facile per i nostri figli

Se non è il Tar è la Corte costituzionale. Nel nostro impantanato Paese ci vogliono anni e anni, estenuanti trattative e complicate alchimie per scrivere una legge. Poi arriva la Consulta e spazza via tutto. Quel che non viene demolito dal Tribunale amministrativo regionale - dai governatori al calendario dei campionati di calcio - è abbattuto dalla Corte. È successo per i vari Lodi con cui, a fatica e magari in modo scomposto, il governo Berlusconi cercava di piazzare uno scudo davanti alle più alte cariche dello Stato. Ogni tentativo, fra accuse e dietrologie, è finito in nulla e alla fine anche Berlusconi è stato messo fuori gioco dal Parlamento.
Ora, a distanza di otto anni, anche la Fini-Giovanardi viene polverizzata dagli alti giudici. Difficile, molto difficile capire come mai la norma sia stata impallinata a distanza di tanto tempo. Ci sarà (...)

(...) una spiegazione, ci mancherebbe, si chiama in causa l'articolo 77 della Costituzione, quel che colpisce è la facilità con cui la Corte costituzionale manda al macero le norme più controverse che hanno segnato la politica italiana. E in particolare le scelte di fondo, quasi strategiche, del centrodestra. Le poche norme che hanno tagliato il traguardo in questi faticosi anni di promesse mancate sono state poi tagliate dalla Consulta.
A quanto pare, la Fini-Giovanardi è stata bocciata per un problema squisitamente tecnico che riguarda le modalità di conversione dei decreti. Ma la sostanza è che ancora una volta la Consulta si adegua allo spirito dominante, alla disinvoltura dei valori liberal predicati dalla sinistra, e talvolta non solo dalla sinistra. Si ripete come un mantra, nei talk televisivi e sui giornali, che mettere sullo stesso piano le droghe leggere e quelle pesanti, di più, gli spacciatori delle une e delle altre, sia un grave errore. Un equivoco. E anche un po' un abbaiare alla luna da parte del centrodestra, impegnato in strenue battaglie di retroguardia, avvolte dall'ipocrisia. Gira e rigira, la legge che aveva resistito in questi anni è stata scardinata. Per un vizio procedurale.
Il pensiero dominante spinge in quella direzione, gli esperti si affannano ad illustrarci le differenze fra una sostanza e l'altra, e dunque la necessità di distinguere e di differenziare. Ragionamenti che non tengono conto di una considerazione elementare: se l'argine cede, e in parte ha già ceduto, la società viene invasa da una miriade, anzi, da un catalogo di droghe. E tutte le sfumature rischiano di essere cancellate dalla piena. Si può essere d'accordo oppure no, avere una visione apocalittica o fatalista, ma ancora una volta la legge, che esprime il pensiero profondo degli italiani e non le opinioni di chi fa tendenza, viene modificata in corsa dalla Consulta. E non dal voto legittimo, ci mancherebbe, del Parlamento e di un'altra maggioranza. No, qui a decidere è un plotone, autorevole fin che si vuole, di giuristi e studiosi. Certo, ci sarà nel testo della Fini-Giovanardi il classico tallone d'Achille, e forse anche più di uno, ma fa effetto scoprire che, fra interventi e correzioni, le politiche su temi così delicati vengono decise dalla Corte e non dal Parlamento. Colpa dei balbettii, delle incertezze e delle ambiguità delle norme mal sagomate, ma non solo. Forse si dovrebbe avviare una riflessione sul ruolo della Consulta. E non solo. Perché sullo sfondo c'è un'altra questione, strettamente collegata alla precedente, che torna periodicamente ad agitare lo stagno del Palazzo: la composizione della Corte. La Consulta, almeno a sentire il centrodestra, pende come la Torre di Pisa. E pende dall'altra parte. Il risultato di questo colpo di bianchetto potrebbe essere, il condizionale in questo pasticcio è d'obbligo, l'esodo di centinaia di detenuti. E, in ogni caso, l'ingorgo davanti ai giudici per rideterminare le pene. Si calcola che siano diecimila i carcerati coinvolti in questa storia. Ma si naviga a vista.
Il tutto, come spesso in Italia, a scoppio ritardato. Battaglie. Polemiche. Scintille. E poi di nuovo alla casella di partenza. In un gioco dell'oca che non finisce mai. Intanto, la mentalità liberal entra nell'ordinamento e la nuova norma cambia a sua volta la mentalità dei più.

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