Politica

Squinzi fa a pezzi la manovra di Letta «Quante porcate»

Il presidente di Confindustria non risparmia critiche al governo: "Nessuna spending review della politica, non ha avuto coraggio"

Squinzi fa a pezzi la manovra di Letta «Quante porcate»

«Tante porcherie! Quante porcate! Il nostro Paese non merita questo destino». Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi ha sempre amato la franchezza e così ieri, all'assemblea dei Giovani Imprenditori della sua associazione, ha attaccato a testa bassa la legge di Stabilità, rispondendo per le rime al premier Enrico Letta.
Venerdì il presidente del Consiglio s'era vantato al Tg1 di aver varato un provvedimento che «per la prima volta abbassa le tasse» e solo perché «noi italiani forse siamo un po' autolesionisti» l'opinione pubblica non avrebbe riconosciuto questa presunta svolta epocale. E invece Squinzi - che era stato rimbrottato anche dal capo dello stato Giorgio Napolitano secondo cui le critiche eccessive sarebbero «prova di incoscienza» - ha proseguito nel suo attacco frontale. «La classe politica deve avere più coraggio per modificare uno status quo dal quale, se il Paese non esce, si avvia inevitabilmente verso il baratro», ha aggiunto.
Le critiche, apparentemente originate dall'insofferenza verso un carico fiscale insostenibile (la media del prelievo sulle imprese è del 68% dei redditi), sono in realtà dettagliatissime. Ad esempio, Squinzi non ha fatto mistero di avere, in tema di iter parlamentare, «molti dubbi» perché «rischiamo interventi a pioggia, un pateracchio indescrivibile». E anche qui a Letta saranno fischiate le orecchie perché il premier ha lasciato mano libera a Camera e Senato. Anticipando che spetterà ai parlamentari e alle parti sociali decidere come «distribuire» i 5 miliardi di tagli al cuneo fiscale. Dall'altra parte, 3,1 milioni di disoccupati e il 40% di disoccupazione giovanile sono «una situazione che non si potrà sostenere molto a lungo».
Ma il vero punto dolente, ha osservato, è la mancanza di «coraggio» (e qui il riferimento a Napolitano è lampante) perché «serviva una seria spending review che la politica non ha avuto il coraggio di affrontare». Il monito del Quirinale, tuttavia, è stato interpretato come rivolto ai partiti e non a Confindustria. La pubblica amministrazione, ha ricordato Squinzi, «spende 850 miliardi l'anno e, come abbiamo fatto in tutte le nostre imprese, credo che un taglio del 2% o 3% dei costi fosse possibile: si sarebbero recuperate risorse per 20-25 miliardi».
Anzi, Squinzi ha mosso a Enrico Letta le stesse rimostranze che toccarono al suo predecessore Mario Monti nell'ultima e tumultuosa fase della sua permanenza a Palazzo Chigi. «Abbiamo bisogno di un governo autorevole e affidabile che al limite possa andare anche in Europa a rinegoziare il fiscal compact. Credo che questo sia molto importante», ha concluso.
Il leader degli industriali italiani non ha tuttavia chiuso le porte in faccia al presidente del Consiglio. «Quando ci incontreremo gli spiegheremo le nostre ragioni che lui, del resto, ha sempre compreso». Il riferimento è al convegno confindustriale di domani a Roma al quale parteciperà pure il premier. Ma le posizioni non sono destinate a modificarsi. «Le critiche sono legittime, ma se qualcuno pensa di poter fare di più, indichi la strada» tenendo presente che i saldi devono restare invariati. La replica, filtrata da ambienti della presidenza, non è improntata al «muro contro muro». Tuttavia il premier prosegue nel suo atteggiamento: alla «regia» della politica economica egli sembra preferire il rinvio alle controparti delle questioni più scottanti.

Confermando indirettamente le critiche di Squinzi e il suo «ci voleva più coraggio».

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