Politica

La storia La donna è scesa in piazza con Ferrara

«Una giustizia che funziona come vuole e quando vuole. Veloce e implacabile quando le fa comodo, lenta e indulgente quando c'è di mezzo una vita umana». C'era anche lei, la signora Angela Manni, martedì scorso in piazza Farnese, a Roma, dove Giuliano Ferrara armato di rossetto guidava la protesta contro la condanna di Berlusconi per il caso Ruby. In piazza Angela non ha fatto chiasso, non si è infilata magliette e non ha alzato cartelli. Ma ha voluto raccontare la sua storia. La storia di Luca, suo figlio, morto precipitando dal Forte Belvedere, a Firenze, la notte del 2 settembre 2006. Non fu un incidente. La morte fu la conseguenza di una serie di colpe imperdonabili e di comportamenti delittuosi dei pubblici amministratori che lasciarono quella trappola a cielo aperto di cui tutti conoscevano l'esistenza. Prima di allora, erano morti solo dei cagnolini. Il 2 settembre toccò a Luca. Ma neanche la morte del ragazzo cambiò le cose. Due anni dopo, venne autorizzato un altro evento, e nello stesso punto precipitò Veronica Locatelli. «Luca e Veronica nella vita non si sarebbero mai incontrati. I loro destini si sono incontrati là».
La rabbia di Angela Manni, quella che l'ha portata martedì in piazza Farnese, sta tutta in due cifre: sette anni di attesa per una sentenza; un anno di carcere a chi con la sua incuria le ha tolto il figlio. «Se mi avessero dato una scimitarra e mi avessero autorizzato a tagliare le teste degli imputati, nemmeno questo mi avrebbe ridato Luca. Io non odio nessuno. Ma quando ho letto che Berlusconi era stato condannato a sette anni per avere fatto una telefonata, mi sono detta: non c'è perequazione. E poi, quel processo Ruby... Udienze ogni settimana, anche due volte alla settimana. A noi ogni volta ci rinviavano di quaranta giorni. I tempi e le pene della giustizia sono affidati all'arbitrio, questa è la verità».
Il 10 giugno scorso è stato condannato per omicidio colposo Simone Siliani, che nel 2006 era assessore alla Cultura nella giunta comunale di Firenze: il pm aveva chiesto due anni, il giudice gliene ha dati la metà, ovviamente con la condizionale. Dieci mesi a un geometra del Comune, assolto il perito che stese il piano per la sicurezza. «Spero che adesso queste condanne smuovano le loro coscienze», disse in aula Angela Manni. «Dal comune di Firenze non ci è mai arrivata una parola di conforto. Quando il sindaco Dominici è venuto in aula non mi ha guardato neanche in faccia».
Angela Manni non fa mistero di essere una donna di centrodestra. La tragedia l'ha accomunata ad un'altra donna, che racconta di avere sempre votato a sinistra: è Anna Maria Bettini, la mamma di Veronica Locatelli, la giovane ricercatrice della Crusca che perse la vita cadendo nel vuoto, nella stessa cannoniera in cui era piombato Luca, il 15 luglio 2008. Ora per quella morte è sotto processo anche Dominici, e per l'ex sindaco la Procura ha chiesto quattro anni di carcere. «Ma bisogna vedere cosa deciderà il giudice», dice Anna Maria, la madre di Veronica. E aggiunge: «A me, donna di sinistra, questo processo ha fatto scoprire una Firenze che non conoscevo. La politica fiorentina ha fatto cose vergognose per evitare che avessimo giustizia. E quando Dominici è stato rinviato a giudizio gli hanno espresso solidarietà. A lui, non a noi».
Adesso, dicono le due madri, a Firenze qualcosa sta cambiando. Ieri il nuovo assessore le ha volute incontrare, e al Forte Belvedere si lavora per la messa in sicurezza: «Metteranno anche due gradini che prima non c'erano, e mi piacerebbe che ognuno dei gradini portasse il nome di uno dei ragazzi», dice Angela. Ma a non andarle giù è quella condanna che considera troppo blanda. Ha dovuto imparare sulla sua pelle a conoscere i codici, sa che esistono dei limiti dentro i quali le sentenze devono muoversi, e che vi sono delitti volontari e reati colposi. «Lo so, lo so. Ma una cosa non me la tolgo dalla testa.

Per la giustizia la vita di Luca vale molto, molto meno di una telefonata».

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