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La strana amicizia del premier con l'americano indesiderato

Nella cerchia di Renzi c'è Michael Ledeen, già collaboratore di Reagan e Bush, vicino alla Cia e tirato in ballo in molti misteri, dal caso Moro all'attentato a Giovanni Paolo II

La strana amicizia del premier con l'americano indesiderato

Nel «cerchio magico» di Matteo Renzi c'è un nome sorprendente e inquietante, certamente non «nuovo». È quello dell'americano Michael Ledeen, da più parti indicato tra i consulenti di politica estera del giovane premier italiano. Il 72enne Ledeen, oggi esponente dell'influente think tank neocon «American Enterprise Institute», già collaboratore delle amministrazioni Reagan e Bush, ha da sempre un rapporto stretto con l'Italia. Qui ha esordito come intellettuale nel lontano 1975 - mentre Renzi nasceva - come autore delle domande della celebre «Intervista sul fascismo» di Renzo De Felice. Qui, soprattutto, il suo nome è finito, di riffa o di raffa, in mezzo a gran parte dei misteri e dei gialli del Bel Paese. Dal sequestro Moro al rapimento Dozier, dalla strage di Bologna a Sigonella, dall'attentato al Papa al Nigergate. Lui talvolta si è chiamato fuori, negando ruoli riferiti da altri, spesso a colpi di querele. Soprattutto, è sempre rimasto in piedi. Tanto in piedi che ora il suo nome viene accostato al nuovo premier italiano. Il tramite sarebbe il consulente economico di Renzi, Marco Carrai, ma i rapporti sono diretti già da un po'. Nel 2007, il neocon dedicò un articolo allo chardonnay siculo, raccontando di averlo scoperto un paio d'anni prima a pranzo «col mio amico Matteo Renzi».
Un renziano della prima ora, Ledeen i cui rapporti con politici e intelligence nostrani sono ben più datati. Nel 1984 l'allora capo del Sismi Fulvio Martini raccontò ai membri del Copaco di aver detto all'ambasciatore americano a Roma, Maxwell Raab, che Ledeen «non deve più tornare in Italia», dandogli di fatto dell'«indesiderabile». Ledeen annunciò querele contro lo 007. Martini confermerà tutto 15 anni dopo di fronte alla commissione Stragi: «Avevo chiesto all'ambasciata americana di non far entrare Mike Ledeen in Italia: era un tizio che lavorava ai margini della Cia». E perché Ledeen non era gradito? Ancora Martini: «Intanto quando Ledeen veniva in Italia andava direttamente dal presidente della Repubblica, che aveva conosciuto quando era ministro dell'Interno. E la cosa non mi piaceva. Secondo, perché Ledeen aveva avuto da uno dei miei predecessori 100mila dollari per fare conferenze sul terrorismo, che erano assolutamente rubati. E poi lavorava a margine della Cia, e la cosa non mi piaceva».
Il presidente «amico» era Francesco Cossiga, che per la verità al Colle sarebbe arrivato solo nel 1985, un anno dopo lo «sgradimento» di Ledeen espresso da Martini. Ma durante il sequestro Moro, secondo il consulente di Cossiga nei giorni del rapimento, Stefano Silvestri, Ledeen, definito «un pataccaro d'alto bordo», propose «a Cossiga e ai servizi di effettuare simulazioni, usando materiali preparati dall'esperto di terrorismo Walter Laqueur». «Detti parere negativo - spiega Silvestri - ma seppi in seguito che era riuscito a piazzare qualcuno dei suoi giochi». Forse i corsi antiterrorismo organizzati per la nostra intelligence tra '80 e '81, per i quali Ledeen sostiene di non essere mai stato pagato. Secondo il faccendiere Francesco Pazienza, d'altra parte, Ledeen più che un consulente era organico al Sismi guidato da Giuseppe Santovito, e il suo nome in codice sarebbe stato «Z3», un dettaglio che l'interessato nega.
Di certo il neocon che ora sussurra consigli a Matteo (al Sole24Ore, Ledeen ha spiegato che a Renzi parla «delle cose che forse mi illudo di conoscere, Medio Oriente, Russia, chi sale e chi scende nella politica Usa»), negli anni '80 era in buoni rapporti anche con Craxi. La notte della crisi di Sigonella fu proprio lui a fare da interprete (manipolando qualche risposta, confesserà lui stesso nel 1994) al telefono tra Reagan alla Casa Bianca e il premier socialista all'Hotel Raphael, mentre i terroristi della Achille Lauro erano contesi tra Delta Force e carabinieri. Amicizia, quella con Bettino, che non impedirà a Ledeen di invitare negli Usa, nel 1995, proprio Antonio Di Pietro, per tenere un discorso all'«American Enterprise Institute»: «Venne a cena da me», confermò Ledeen al Corriere della Sera nel 2010. A metà anni 2000, Mike Ledeen è di nuovo nella bufera per il Nigergate. Lui nega tutto, e l'allora presidente del Copaco, Enzo Bianco, nega a sua volta rapporti dei servizi con il politologo americano, anche se a proposito dei suoi rapporti con politici italiani aggiunge: «Se fossi ministro, non lo inviterei a pranzo». Renzi, già da presidente della Provincia di Firenze, non ha seguito il consiglio.

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