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Lo studio di Renzi? Quello degli ex Dc

Il premier ha scelto il suo ufficio: quello appartenuto a Fanfani, De Mita, Prodi e D'Alema

Palazzo Chigi (Wikipedia)
Palazzo Chigi (Wikipedia)

Matteo Renzi si è stabilito a Palazzo Chigi e ha scelto il suo ufficio. Tra le diverse stanze a sua disposizione, il premier ha scelto qullo che fu lo studio di vari presidenti, tutti democristiani, come Amintore Fanfani e Ciriaco De Mita, il leader ulivista, Romano Prodi ai tempi del suo secondo governo (nel 2006-2008) e Massimo D’Alema.

La stanza era stata trasformata in salotto per fare anticamera da Silvio Berlusconi (che per altro non l'ha mai usata). Sistemazione confermata da Mario Monti ed Enrico Letta. Ma ora ogni mattina il neo premier e segretario del Pd si siede nella stanza al primo piano dell’edificio, quella attigua alla galleria Deti, per sbrigare le sue pratiche. La stanza comprende tre finestre, che guardano su piazza Colonna, e fa parte dell’area più antica del palazzo, quella degli appartamenti Aldobrandini-Deti, che risalgono al ’500.

La sala Deti, infatti, è una delle più belle dell’edificio (per ricchezza di stucchi, dorature, pitture, fregi e cornici) e oggi è adibita a salotto di cortesia: si affaccia sull’esterno, all’angolo tra via del Corso e piazza Colonna, dove c’è un balcone con esposto il tricolore. Si tratta della cosiddetta loggetta, famosa soprattutto per le numerose dimostrazioni di protesta inscenate, nel corso della storia, sotto di essa. Quando il palazzo, agli inizi del secolo, ospitò l’ambasciata austriaca, si svolsero le manifestazioni per Trento e Trieste. Nel 1925, le finestre del balcone sarebbero state oggetto di un attentato, poi fallito, a Benito Mussolini, quando era presidente del Consiglio. Il tentato assassinio fu ideato il 4 novembre 1925 dal deputato del Psu,Tito Zaniboni e dal generale Luigi Capello.

Zaniboni avrebbe dovuto far fuoco con un fucile di precisione austriaco da una finestra dell’albergo Dragoni, che si affacciava proprio davanti al balcone di palazzo Chigi da cui avrebbe dovuto parlare il Duce per celebrare l’Anniversario della vittoria, ma le forze di polizia guidate dal questore Giuseppe Dosi sventarono tempestivamente la minaccia.

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