Tenetevi pure la signora ma ridateci i nostri marò
28 Dicembre 2013 - 08:57La Bonino si fa lo spot con la Shalabayeva. Ma sarebbe stato molto meglio pensare ai nostri militari detenuti ingiustamente in India
Può benissimo tripudiare, Emma Bonino, per il felice esito del molto pasticciato e opaco «caso Shalabayeva». Caso «che mi bruciava», come nei suoi consueti franchi modi il ministro ha precisato. Aggiungendo che la Farnesina ha lavorato sodo, per mesi e dietro le quinte, affinché la moglie dell'oligarca Muktar Ablyazov («dissidente» e quindi con un valore civile aggiunto, ma anche oggetto di 17 azioni legali presso la Suprema corte britannica per appropriazione indebita di 3,7 miliardi di dollari) e la piccola Alua riguadagnassero la libertà di movimento. Previo pagamento, si presume da parte del governo italiano, d'una cauzione della quale non si conosce l'ammontare. Tutto è bene quel che finisce bene. D'altronde si sa, il ministro Bonino è molto presente nel contesto internazionale dove non manca mai di far udire l'acuta voce dell'Italia e, se serve, di mettere in riga chi di dovere. È il caso dell'intemerata contro il presidente ugandese Yoweri Museveni che ha promulgato una legge omofobica di sicura durezza: carcere per gli omosessuali. Legge «punitiva e contraria a numerose convenzioni internazionali, odiosa e oscurantista». Le indiscusse qualità - passione, competenze, aspirazione a sanare le ingiustizie - tutte cose che la Bonino ha sempre dispiegato, presentano però un buco nero. Tanto battersi per la consorte e la figliola d'un «dissidente», perché lungo il Nilo siano rispettati gli orientamenti sessuali degli ugandesi e poi per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, niente. Niente dietro né davanti le quinte. Poco meno di tre anni sono trascorsi da quando i nostri marò furono dati in consegna alla Corte di Kerala. E siamo ancora qui ad aspettare che l'altra Corte, quella suprema indiana, stabilisca se la giurisdizione sul caso appartenga all'Italia o all'India. Ciò che nel parlar corrente chiamasi menare il can per l'aia. E l'India mena noi, il nostro ministro degli Esteri per primo, per il naso. Sul palcoscenico internazionale, sul quale la Bonino vuole imporre un'immagine dell'Italia diplomaticamente specchiata, facciamo dunque ridere. E passi, se a pagare non fossero Girone e Latorre. Pressoché dimenticati dalle così dette istituzioni, ma non da noi tutti. Faccia dunque vedere chi è, signor ministro, non solo al kazako Nazarbayev, non solo a Museveni. Anche all'indiano Manmohan Singh.
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