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Terremoto in Emilia "50 milioni dal governo? Sono solo spiccioli"

Emiliani increduli: con i soldi di Monti si rimettono in piedi due caseifici E il resto? Imu (forse) rinviata, ma non abolita. E le tasse si pagano lo stesso

Terremoto in Emilia "50 milioni dal governo?  Sono solo spiccioli"

dal nostro inviato a Sant'Agostino (Ferrara)

Le case Ina dietro la piazza dov’è crollato il municipio sono brutte ma sicure. Sul ghiaino davanti al portone d’ingresso due signore anziane sfogliano il «Carlino» sedute su seggiole di plastica bianche. Cercano foto e cronache del sopralluogo in paese del presidente del Consiglio. C’è un po’ di sole, ma si tengono sulle ginocchia una coperta di lana, di quelle a quadrettoni fatte a mano. «Monti tra gli sfollati: Imu sospesa e 50 milioni», dice un titolino in prima pagina. Le donne si guardano e sorridono: «Sé, cinquanta milioni, e che ci facciamo?».

Già, che ci fanno i terremotati con gli aiuti stanziati dal governo? Oriano Caretti è uno dei titolari del caseificio Sant’Angelo a San Giovanni in Persiceto, provincia di Bologna, 25 chilometri a sud dell’epicentro del sisma. È al lavoro per sgombrare il magazzino dove stagionavano 20mila forme di Parmigiano reggiano. Tutte a terra travolte dalle «scalere», le altissime scaffalature. Il calcolo è fatto a spanne: «Siamo sui dieci milioni di euro di danni». Cinquecento a forma. Un quinto degli aiuti dovrebbe dunque finire in una sola azienda agricola, e nemmeno delle più grandi.

Una ventina di chilometri più a ovest, ad Albareto, tra Modena e Sorbara, la Albalat (Legacoop) di forme ne stagionava 75mila. Con lo stesso metro, e aggiungendo gli spiccioli per le strutture edili danneggiate, siamo a 40 milioni di euro. Ecco fatto, esaurito il bonus ministeriale, e i caseifici della zona sono una decina, 300mila forme in totale. E per il resto? Il primo soccorso, l'agibilità degli edifici, il recupero del patrimonio storico, il sostegno alle centinaia di artigiani, coltivatori, piccoli imprenditori lasciati senza capannoni e senza lavoro dal sisma?

Mario Monti è stato fischiato a Sant’Agostino da chi si aspettava la beffa. Gli sfollati pensavano che quei 50 milioni fossero un anticipo. Invece no. «Le risorse stanziate - è scritto nel comunicato di Palazzo Chigi - serviranno a coprire tutte le spese per i soccorsi, l’assistenza e la messa in sicurezza provvisoria dei siti pericolanti». Non si accenna a risollevare l’economia bloccata, un sistema produttivo in ginocchio per la crisi che ora rischia di sparire.

Ma le sorprese amare non sono finite. Monti ha assicurato anche il rinvio (non la cancellazione) dell’Imu. Promessa rimasta tale. Al consiglio dei ministri è stato infatti «annunciato il proposito» (non la decisione) di rinviare il pagamento. E non per tutti gli immobili: soltanto «le abitazioni e gli stabilimenti industriali che saranno dichiarati inagibili». Ciò avverrà «quando le regioni avranno terminato il censimento delle effettive necessità». Se la rilevazione andrà per le lunghe, la prima rata dell’Imu colpirà anche i terremotati.
Nessun rinvio, invece, per le altre tasse. La Coldiretti, che stima danni per 200 milioni tra crolli e di edifici rurali e danni ai macchinari, ricorda che entro giugno le aziende agricole dovranno pagare l’Iva, l’acconto 2012 e il saldo Irpef o Ires, l’Irap, i contributi Inps: per le sole aziende agricole la stima di almeno 150 milioni di euro, cui si aggiungono le rate di mutui e prestiti. Anche se non possono lavorare, agricoltori e datori di lavoro dovranno pagare lo stesso.

Mirco Tartari ha un’azienda ortofrutticola modello a San Carlo, frazione di Sant'Agostino tra le più colpite dalle scosse. Nel 2010 una grandinata aveva scoperchiato il deposito dei macchinari agricoli, ricostruito l’anno dopo con 500 metri quadrati di tetto fotovoltaico. Crollato. Negli anni aveva installato impianti di irrigazione a basso consumo e avviato trattamenti fitosanitari ecologici. Investimenti per 500mila euro. «Ho appena iniziato a pagare il mutuo - allarga le braccia -. La grandinata del Giovedì santo aveva già distrutto il 40 per cento delle coltivazioni. Ora alle banche non posso più chiedere un euro. L’azienda agricola è la mia vita e devo ripartire a tutti i costi, ma se non interviene lo stato dovrò fermarmi».

Nei caseifici è il Parmigiano che funge da garanzia per i mutui. «È la nostra moneta - dice Caretti -. Un investimento a lunghissima scadenza. Io oggi pago un veterinario e un fecondatore per una vacca che partorirà fra nove mesi, produrrà latte dopo due anni che mi diventerà formaggio stagionato almeno dopo altri 24 mesi. E ogni mese devo pagare le sette aziende che mi conferiscono altro latte. Ora il nostro tesoro è per terra. Ci vorrà un mese soltanto per sgombrare il magazzino, un lavoro da fare tutto a mano per evitare altri danni. Per fortuna la struttura edile ha retto, nel 2006 il capannone fu costruito con criteri antisismici.

Ma senza importanti finanziamenti immediati, sarà stato un investimento inutile».

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