Politica

Trattativa con Ingroia, Di Pietro sbugiarda il Pd

L'ex pm non sarà in lista nel "suo" Molise: "Volevano la nostra desistenza. Ma avrebbero dovuto chiederla a Monti..."

Il leader Idv Antonio Di Pietro
Il leader Idv Antonio Di Pietro

RomaMagari non varrebbe neppure la pena di parlarne, se di mezzo non ci fosse la pretesa del Pd di giocare come asso pigliatutto. L'idea - qualcuno la riconduce alla doppiezza togliattiana, ma forse è solo residuo delle mire egemoniche sempre esercitate dal Pci sulle forze minori - di poter fare il pieno dei voti di sinistra per portarli a destra. E senza pagare dazio. Tecnicamente si chiama «desistenza», politicamente è un imbroglio, moralmente si commenta da sé.
Per raccontarla, niente di meglio della colorita prosa di Antonio Di Pietro, che ieri ha confermato di non essere candidato nel «suo» Molise. «Il Pd non ha voluto fare l'alleanza con noi di Rivoluzione civile perché è ingordo - ha detto l'ex Pm -, ma si è trovato cornuto e mazziato. Il Pd ha paura di non vincere più e vorrebbe che desistiamo per far vincere un programma che non vogliamo». Il tentativo di approccio sottobanco nelle regioni in bilico è stato sempre negato dagli uomini di Bersani. Come sostenuto negli studi televisivi di Agorà da Nicola Latorre, una delle punte di diamante della spudoratezza piddina. Mal gliene incolse. Di fronte aveva proprio Di Pietro, che non ha perso l'occasione per sbugiardarlo, fornendo nomi e cognomi. «Non è vero che non ci hanno chiesto la desistenza. Il signor Violante ha parlato con Ingroia più volte per chiedergliela. Lo stesso ha fatto il signor Migliavacca: lo so perché l'ho appreso direttamente da Ingroia». Visto che c'era, Di Pietro è andato pure oltre: «Noi abbiamo chiesto a Bersani di fare piuttosto un'alleanza politico-programmatica. Ci è stato risposto che non potevano farlo perché non si riconoscono nel nostro programma e che comunque, dopo, il Pd si alleerà con il centro di Monti. E allora la chieda a Monti, la desistenza...».
Uno spaccato di politica all'italiana e, se vogliamo, ormai un classico di come vadano le cose da noi. Confermato più tardi, a Porta a porta, dallo stesso leader di Rivoluzione civile, Antonio Ingroia, che ha precisato il contenuto della proposta indecente: desistenza in cambio di tre o quattro senatori «sicuri». «Capisco che in campagna elettorale si raccontano le barzellette, ero abituato a sentire quelle di Berlusconi, ora ci sono anche quelle di Bersani», ha spiegato l'ex Pm. Che ha poi ribadito come «la porta ormai sia chiusa», la trattativa «finita». Niente «accordi o favori» al Pd se questo «non prende nettamente le distanze da Monti». «Si debbono raccontare agli elettori le cose per come stanno - ha continuato -. Purtroppo Bersani non è mai uscito da questo equivoco e si prepara a un accordo per un governo con Monti. Speriamo che gli elettori votino noi in modo massiccio proprio per far comprendere a Bersani che dopo le elezioni l'accordo non lo deve fare con Monti ma con noi». Resta invece da capire, per Rivoluzione civile, che cosa ci faccia Vendola in una compagnia del genere. Risposta dell'ormai lirico capo di Sel: «Vorrei che Bersani non si presentasse tanto come il segretario del Pd, ma come il capo di tutto il centrosinistra».


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