Politica

Un Travaglio sbiadito e succube del «nemico» deriso persino sul web

I suoi sostenitori delusi dalla sudditanza del giornalista trasformato addirittura in imputato dalla lettera del Cav

Un Travaglio sbiadito e succube del «nemico» deriso persino sul web

Come si chiamerà in psicologia, sindrome di Arcore? Colpisce i giornalisti che si occupano per anni di un politico e ci costruiscono sopra buona parte dei loro articoli o bestseller o carriere brillanti. Quando poi te lo ritrovi davanti, in carne ossa e cipria, non riesci proprio, per quanto ti sforzi, a essere aggressivo come ci si aspetterebbe visto che lo meni da vent'anni. Un po' ti sta addirittura simpatico, rivedi in lui un pezzo della tua storia, in fondo ci convivi da una vita, sei diventato Travaglio grazie a Berlusconi, una specie di complicità è inevitabile per quanto ti raccomandi di nasconderla bene. Lo si percepiva nella performance mite, a tratti burrosa di Travaglio con Berlusconi, solo un remoto ricordo della durezza dei suoi articoli sul Cainano, Psiconano, il Cavaliere di Hardcore e via sfottendo. Il Cavaliere ha conquistato punti (anche percentuali, pare), Santoro ha conquistato lo share, record che La7 si sognava, la Costamagna e la Innocenzi hanno dimostrato la grande preparazione di truccatori e parrucchieri della rete Telecom, ma Marco Travaglio, cos'ha portato a casa? Lui è contento della performance, del botto di share (ma chi l'ha fatto, poi?), della sua battuta ritwittata cinquantamila volte, della calma esibita mentre Santoro perdeva le staffe, del taglio gandhiano dei suoi interventi. I fangroup, adoranti, si adeguano alla lettera secondo Marco, anche se il 32% dei lettori del Fatto.it dice che è uscito vincente Berlusconi, contro il 49% che dice perdente. Ma su Facebook e Twitter, dove lo show è stato supercommentato, sono molte le critiche: le domande non fatte, l'occasione persa, il «trappolone» in cui sarebbe caduto persino lui, l'indagatore della trattativa Stato-mafia, che poi accetta la trattativa sulle domande da fare a Berlusconi (è la critica più ricorrente dalla rete).
Forse troppa la mitezza di Travaglio, che ha ripetuto il copione della letterina quando, per la prima volta, ce l'aveva lì davanti il Caimano, poteva metterlo all'angolo scendendo dalla cattedra al ring, ma niente. Immagine un po' sbiadita dell'inquisitore da cui ci attendevamo colpi di artiglieria che avrebbero costretto Berlusconi a lasciare lo studio dopo pochi minuti, come pronosticavano bookmaker che, visto il risultato opposto, possono tornare all'ippica. Rispetto a Travaglio Vespa è parso Torquemada, Giletti sembrava Travaglio, e anche dalla D'Urso senz'altro più grinta. Una sfilza di assist a Berlusconi che neppure El Shaarawy, un Travaglio che replica con garbo ai siluri di Berlusconi. Striscia la delusione sui social network, dove appare persino il comico-disturbatore Pinuccio, regista satirico pugliese (per giunta blogger del Fatto), quello che chiama i politici dopo clamorose figuracce per sfotterli fingendo che rispondano al telefono. Clamoroso al Cibali: dopo i Formigoni, le Gelmini, la Minetti, i Fiorito, il Trota Renzo Bossi, e ovviamente Berlusconi, stavolta ad essere sfottuto è Marco Travaglio («bravo bravo Marco, bella puntata davvero, però mia suocera mi ha detto “potevate chiamarlo uno di sinistra che almeno lo metteva un po' in difficoltà a Berlusconi”. Comunque bravi dai, ma non lo invitate più sennò quello vince le elezioni»). Il Pd, nel suo profilo Twitter, gioca sulla concomitanza della puntata col reality culinario Master Chef per domandare «Mister Chef, chi ha cucinato chi?», e per mettere sul carrello dei bolliti più Santoro-Travaglio che Berlusconi.
Il format si è inceppato fin da subito. Come fai a costruire un legal thriller, col colpevole inchiodato dall'elenco di malefatte del pm-eroe, se quello si palesa a braccetto di Massimo Boldi simulando un vecchio sketch del cabaret Derby? Così Travaglio, sabaudo sobrio, si è ritrovato dentro ben altro format, inadatto a lui: il cinepanettone, un Natale da Santoro dove vince chi è più simpatico e sa più storielle (e chissà chi tra Berlusconi e Travaglio...), pellicola che poi si è svolta nelle gag tra conduttore e ospite, con Travaglio disinnescato e fuori habitat. Ma la mossa ferale è stata l'inversione di ruoli, coup de theatre del Cavaliere, che con la letterina si è trasformato in Travaglio (anzi, in «parodia di Travaglio» dice il santoriano Freccero), costringendo il giornalista a trasformarsi, propri lui, in imputato-Berlusconi.

Ovvero dopo il cinepanettone, per Travaglio, l'angolo dell'horror.

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