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Trent'anni fa la Dc decise di sciogliersi: ci fu un solo voto contrario

Dopo aver governato l'Italia per quasi 50 anni nel luglio 1993 la Democrazia Cristiana decise di scrivere la parola stop, azzerando tutto e cambiando nome e simbolo. Nulla sarebbe più stato come prima

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Nel luglio 1993 scompariva un partito che per cinquant'anni aveva guidato l'Italia, traghettandola dalle macerie del dopoguerra al benessere e alla stabilità. Stiamo parlando della Democrazia cristiana, il partito dei cattolici impegnati in politica, nato in clandestinità, negli ultimi anni del fascismo, sulle ceneri del disciolto Partito popolare di don Luigi Sturzo. Con Alcide De Gasperi e diversi altri leader la Dc fu protagonista del "miracolo italiano", in un lungo e faticoso cammino che si snoda su quasi cinque decenni. La fine la conosciamo tutti: la Dc, come gli altri partiti della maggioranza, furono spazzati via da Tangentopoli. Nel 1994 sarebbe nata la cosiddetta Seconda Repubblica e la politica italiana non sarebbe mai stata la stessa.

C'è una data che segna la fine della Dc, l'autoscioglimento. È il 26 luglio 1993. Il segretario, Mino Martinazzoli, mise ai voti dell'assemblea del partito la propria relazione (quella che avrebbe dovuto decidere il rilancio dopo i duri colpi inferti dalle inchieste giudiziarie). Si decise di tracciare una riga, di porre fine a un'esperienza e di ripartire da zero. "L’Assemblea - c'era scritto nel documento - decide di dar vita al nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana e popolare, destinato ad aprire la terza fase della presenza dei cattolici democratici nella storia d’Italia".

Al segretario veniva dato il potere di azzerare tutte le cariche e decidere il da farsi in termini di strategia e alleanze. Il cambiamento fu grosso fu il nome e il simbolo: basta scudo crociato e Dc, si rispolverò il vecchio nome, Partito popolare italiano. A favore di questo grande cambiamento furono 499 delegati su 500, uno solo si espresse in modo contrario.

La Dc era giunta a questa decisione drammatica, l'autoscioglimento, per cercare di trovare una soluzione alle gravissime difficoltà vissute in quel tumultuoso inizio degli anni Novanta: da un lato per i colpi inferti dalla magistratura con le inchieste sulle tangenti ai partiti (e la conseguente delegittimazione in termini elettorali per la semplicistica equazione vecchi partiti=corrotti), dall'altro, invece, per le gravissime accuse di connivenze con la mafia rivolte contro uno dei propri leader, Giulio Andreotti, quando pochi mesi prima erano stati uccisi due giudici simbolo della lotta anti mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In un clima infuocato, con la classe politica sempre più screditata, un forte attacco speculativo alla lira (con maxi manovra lacrime e sangue da parte del governo di Giuliano Amato) e un'onda del cambiamento che premeva dal basso tramite i referendum, gli italiani si apprestarono a cambiare profondamente - o almeno a provarci - la propria classe dirigente.

La nuova formazione politica, il Ppi, nacque basandosi su una convinzione: i giudici che stavano indagando (in primis il "pool" di Mani pulite) andavano difesi e incoraggiati, perché stavano "ripulendo" il sistema politico italiano. Volevano una "rinascita" della politica, una sorta di purificazione, dimenticando però che i problemi erano di sistema e, quindi, non risolvibili solo nelle aule dei tribunali. Alle Politiche del 1994 il Ppi si alleò con il "Patto Segni" (fondato dall'ex Dc Mario Segni), pensando di potersi incuneare tra i Progressisti di Occhetto e il centrodestra di Berlusconi, Fini e Bossi. Ma il tentativo non ebbe molta fortuna.

Non d'accordo con questa linea alcuni esponenti del vecchio scudo crociato decisero di creare una piccola formazione politica che guardasse al centrodestra, il Centro Cristiano democratico (Ccd). Tra questi Pierferdinando Casini, Clemente Mastella, Francesco D'Onofrio e Ombretta Fumagalli Carulli. Il Ccd si alleò con l'alleanza di centrodestra imbastita da Silvio Berlusconi.

Nelle Politiche del 1992, con la crisi dei partiti già iniziata (Tangentopoli ufficialmente scoppia nel febbraio di quell'anno), la Dc raccolse 11 milioni e seicentomila voti alla Camera (29,66%) e 9.088.000 voti al Senato (27,27%). Nel giro di un anno, un anno e mezzo, cambiò tutto. E non solo per le già citate inchieste giudiziarie. Decisive furono alcune mosse della classe politica che, tentando di assecondare la rabbia crescente dei cittadini, di fatto andarono a distruggere le basi stesse della Prima Repubblica. Dopo due anni dall'insediamento delle Camere, il parlamento fu sciolto, ufficialmente per due motivi: la presenza massiccia di corrotti (ma non c'era neanche una condanna passata in giudicato), la nuova legge elettorale, il Mattarellum, che recepiva le indicazioni espresse dagli italiani nel referendum per il maggioritario. Niente sarebbe più stato come prima. I cattolici in politica non sparirono.

Semplicemente si sparpagliarono, a destra, a sinistra e al centro.

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