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Tweet osceni Moretti-Taverna, ma è un hacker

Offese a sfondo sessuale irripetibili. Le deputate di Pd e M5S sporgono querela

Tweet osceni Moretti-Taverna, ma è un hacker

Tutto comincia il 18 aprile 1861. Colpa degli storici nemici, l'onorevole generale Garibaldi e il presidente del Consiglio Cavour. L'eroe dei due mondi va a Torino ed piomba alla Camera con addosso un poncho grigio e una camicia rossa. È furente. Si oppone allo scioglimento dell'esercito dei Mille. Ma a quei tempi il massimo dell'offesa è darsi del «bugiardo». In quell'anno va di moda l'esclamazione «piove governo ladro» per sfottere i mazziniani sempre scontenti. Grillini ante litteram.

Ma il viatico è segnato. In 150 anni di insulti la politica ha conosciuto vituperi di ogni tipo, ingiurie, schiaffoni, risse, monetine, manette, mortadelle. Da «Giolitti palamidone» (per la lunga e ampia palandrana scura sempre abbottonata e fuori moda con cui andava in giro) diventato termine di uso comune per definire un uomo di alta statura e di scarsa intelligenza, a «Napolitano boia», ne sono passati di insulti sotto gli scranni.

L'insulto politico ai tempi di Twitter è radicalmente cambiato e, più che mai, imbarbarito. Un'orda di grillini sguaiati e ignoranti è piombata in Parlamento e ha fatto il resto, allievi indefessi del guru della cafonaggine. Nelle ultime settimane ci siamo sorbiti il deputato M5S, Massimo Felice De Rosa che rivolgendosi ad alcune deputate Pd ha sbavazzato: «Voi donne del Pd siete qui solo perché siete brave a fare pompini». E il capo dei cafoni scrivere su Facebook: «Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?», chiedendo ai suoi degni seguaci di commentare.

Ieri terzo spettacolo del circo: sul palco Alessandra Moretti del Pd e Paola Taverna ex capogruppo e senatrice del Movimento 5 Stelle. Cinguettii osceni con scambio di accuse a sfondo sessuale. Quasi nulla di quello che si legge si può scrivere, tranne quello della Moretti alla Taverna che dice: «Ci hai provato e riprovato ma nulla da fare, non sei brava, devi migliorare o ti fan fuori Beppe e Casa», dove l'abilità a cui si riferisce non è quella politica. Ho fatto questo a Tizio, tu non sei capace, io a Caio gli ho fatto cambiare idea. Responsabile, secondo Dagospia, sarebbe di un marmocchio insonne, un hacker adolescente che nella notte si è divertito con gli account delle due parlamentari che hanno denunciato l'abuso alla polizia.

Nel 1963 la Dc celebra la sua capacità di rinnovamento con un manifesto elettorale in cui si vede una bella e giovane ragazza che sorride felice con un mazzo di fiori in mano. Lo slogan recita: «La Dc ha vent'anni». I missini si armano di pennello e vernice e manifesto per manifesto sovrascrivono: «È ora di fotterla!».

Quelli sì che erano insulti.

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