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Ue, Schulz difende l'austerity: "Il criterio del 3% non si tocca"

Il candidato del Pse alla presidenza della Commissione Ue in trattoria con Renzi. Sul tavolo il semestre italiano: spuntano i nomi di D'Alema e Letta

Il premier Matteo Renzi in trattoria con Martin Schulz
Il premier Matteo Renzi in trattoria con Martin Schulz

Matteo Renzi e Martin Schulz a pranzo insieme. Il premier ha portato il candidato del Pse alla presidenza della Commissione europea nella storica trattoria di Firenze, Il Latini, per fare il punto sulla partita europea. A poco più di due settimane dalle elezioni, Schulz è infatti accorso nel capoluogo toscano per partecipare alla conferenza annuale The State of the Union che, da quattro anni a questa parte, si tiene nel giorno della festa dell’Europa. E, nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, si è confrontato con quattro dei sei candidati in campo per la guida della Commissione europea: Jean Claude Juncker per i popolari, Guy Verhofstadt per i liberaldemocratici e Josè Bovè per i verdi.

Per la prima volta, grazie alle novità del Trattato di Lisbona, il voto per il Parlamento europeo peserà anche sulla futura scelta del presidente della Commissione. Assente a Firenze solo il greco e leader della sinistra alternativa Alexis Tsipras, impegnato nel suo Paese. Per stessa scelta dei verdi che hanno due candidati alla presidenza, al confronto fiorentino ha partecipato Bovè, considerato uno dei padri dei no global, e non la giovane eurodeputata tedesca Ska Keller. Pur nelle differenze, tutti e quattro i candidati nel corso di oltre un’ora e mezza di confronto hanno spinto sull’acceleratore del cambiamento di rotta e del rinnovamento. Moderati da Tony Barber del Financial Times, Monica Maggioni direttore di Rainews24 e J.H.H. Wiler, presidente dell’Istituto universitario europeo che ogni anno organizza l’assise fiorentina, opposti l’uno all’altro, si sono presentati esponenti politici ben noti nel panorama europeo. Il popolare lussemburghese Jean Claude Juncker (60 anni) è stato presidente dell’Eurogruppo dal 2005 al gennaio 2013. Il socialista tedesco Martin Schulz (59 anni) è presidente del Parlamento europeo dal gennaio 2012, mentre il liberale belga Guy Verhofstadt, già premier del suo Paese è attualmente presidente del gruppo dei liberaldemocratici nell stessa Assemblea. Anche Josè Bovè, storico leader francese, conosce bene i palazzi di Bruxelles per essere stato eletto al parlamento europeo nel 2009.

Se Schulz davanti alla platea di Firenze ha insistito molto sulla lotta alla disoccupazione ("Ci sono 27 milioni di disoccupati in Europa"), Juncker ha puntato l’accento anche sulla necessità di avere un sistema di immigrazione legale e come ex presidente dell’Eurogruppo, sulla politica economica, ha difeso quello che è stato fatto. Risposte politiche e non tecnocratiche alla crisi sono quelle invocate dal verde Bovè. "Se fossi presidente della Commissione europea non permetterei flessibilità sui parametri macroeconomici", ha detto Juncker. Secondo Schulz, invece, il criterio del 3% per il rapporto tra deficit e pil non può essere cambiato: "Bisogna guardare ad esso distinguendo fra spesa corrente e investimenti per il futuro: ha ragione Renzi quando sostiene di distinguere fra investimenti per il futuro e spesa corrente". Categorico invece Guy Verhofstadt: "Non possiamo abbassare le condizioni del patto di stabilità". Il veterano del movimento ambientalista Bovè ha sostenuto come nel vincolo del 3% nel rapporto tra deficit e pil "non bisogna contare la spesa per gli investimenti" che "dovrebbe cambiare naturà e diventare da nazionale a comunitaria". Per la futura Commissione europea, i quattro candidati hanno proposto ricette diversificate. C'è chi, come Juncker, è più attento al rapporto coi governi e chi, come Bovè, intende spingere sull’acceleratore per una maggiore capacità di spesa.

538em;">Il nuovo esecutivo europeo sarà nominato con ogni probabilità nel prossimo autunno, quando l’Italia avrà la presidenza di turno dell’Ue, per il nostro Paese si fanno i nomi di due ex premier: Massimo D’Alema ed Enrico Letta.

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