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In un'intervista a «Panorama» la difesa a tutto campo dell'ex premier il caso

In un'intervista a «Panorama» la difesa a tutto campo dell'ex premier il caso

Ironizza: «Ho un serio problema agli occhi. Ma a me non impedisce di vedere bene nel mio futuro». Silvio Berlusconi è ricoverato in una suite al sesto piano del San Raffaele. I medici gli hanno trovato più di un problema: il tormento agli occhi e poi gli sbalzi pressori che hanno indotto gli specialisti inviati dal tribunale di Milano a far suonare l'allarme: esiste «un elevato rischio per la salute». Ma lui non si perde d'animo e affina la strategia per fronteggiare la valanga di procedimenti che lo assediano fra Milano e Napoli. Al Giornale aveva detto chiaro e tondo: «Vogliono farmi fare la fine di Craxi». Ora, in questa intervista al direttore di Panorama Giorgio Mulè, il Cavaliere riparte da quel paragone cupo: «Nei corridoi del Palazzo di giustizia di Milano corre voce di un'operazione Craxi 2 che si vorrebbe portare a termine nei miei confronti. Ma le pare - ribatte furibondo Berlusconi - che chi ha avuto la responsabilità di rappresentare sul palcoscenico internazionale il suo Paese per quasi dieci anni... possa davvero fuggire consegnandosi ad una damnatio memoriae?»
No, il leader del Pdl non fugge, non va in esilio, anzi è pronto a ribattere colpo su colpo alle accuse che corrono su quattro binari paralleli. Sì, c'è un poker di procedimenti che viaggiano ad alta velocità contro il Cavaliere. C'è il processo Mediaset, ormai alle battute finali in appello dopo la condanna sprint a quattro anni in primo grado; poi c'è il caso Ruby, con la requisitoria alle porte del pm Ilda Boccassini; quindi c'è la vicenda Unipol, con la condanna del Cavaliere senza precedenti in Italia per una fuga di notizie, a 1 anno senza condizionale. Infine da Napoli riparte la presunta compravendita dei parlamentari ai tempi del governo Prodi. Un'indagine che pareva defunta senza risultati e invece è stata riesumata, ha cavalcato il presunto pentimento del senatore Sergio De Gregorio, ora è già arrivata alla conclusione con la richiesta di processare il Cavaliere col rito immediato, saltando addirittura l'udienza preliminare.
«Sarei intervenuto - spiega il Cavaliere - per far risparmiare a Mediaset 3 milioni d'imposte nel 2002-2003. Assurdo, risibile: il mio gruppo in quei due anni versò all'erario 567 milioni d'imposte. Tre milioni sono la metà dell'uno per cento di 567 milioni ma se consideriamo tutte le imposte versate all'erario dall'anno della mia discesa in campo, 3 milioni ne sono la cinquemilionesima parte». I numeri, secondo il Cavaliere, dovrebbero essere più che sufficienti per dimostrare che l'illecito non avrebbe avuto alcun senso. Ma c'è di più: «La società di cui sarei stato socio occulto (ma questa è un'invenzione dei pm perché non c'è assolutamente alcuna prova né testimoniale né documentale) per vendere i suoi diritti a Mediaset dovette versare, ahimè, al capo dell'ufficio Acquisti diritti una tangente del 10 per cento del prezzo». Una tangente illogica che più illogica non si può: «Se fossi stato davvero socio al 50 per cento della società, Agrama (l'imprenditore americano Frank Agrama, ndr) avrebbe dovuto mettermi al corrente di aver dovuto pagare quella tangente così importante a Mediaset», insomma alla società del presunto socio occulto Berlusconi.
Qualcosa davvero non quadra. Ma Berlusconi argomenta anche sugli altri tre procedimenti. Anzitutto sulla famosa intercettazione Consorte-Fassino: «Considero le intercettazioni un'intrusione barbara nella privacy dei cittadini e ho personalmente redatto un disegno di legge» per fermare la pubblicazione indiscriminata delle conversazioni finite nei brogliacci delle procure. Parla anche di Ruby, il Cavaliere. E ripete quanto ha sempre sostenuto: «Mai, mai, mai si sono verificate situazioni volgari o scandalose per alcuno dei miei ospiti».
Poi il Cavaliere si sofferma sull'indagine napoletana: «Ancora un'invenzione: con De Gregorio Forza Italia stipulò un accordo pubblico alla luce del sole... in base alla quale Forza Italia riconosceva un contributo economico di un milione di euro al suo movimento Italiani nel mondo». L'obiezione che il Cavaliere fa all'inchiesta è molto semplice: perché mai, dopo aver versato 1 milione, non avrebbe potuto dare anche gli altri 2 cui fanno riferimento i magistrati di Napoli? Ma c'è dell'altro: «Aveva preannunciato questo suo comportamento in tre visite al nostro coordinatore Verdini e all'avvocato Ghedini. Aveva detto di essere in grave difficoltà, di avere assoluto bisogno di 10 milioni di euro, in parte per pagare dei debiti ed evitare la bancarotta e in parte per recarsi in un altro Paese. Alle risposte necessariamente negative dei nostri rappresentanti se ne era andato sbattendo la porta e minacciando di raccontare ai pm, che insistevano in quella direzione, quelle menzogne che poi ha effettivamente raccontato». La conclusione è amara e ancora una volta ritorna il fantasma di Craxi: «Ora si è al tentativo finale, ... si spera magari di spingermi all'esilio».

Ma il Cavaliere non arretra: «Non ci riusciranno».

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